Mario Plazio
Una e-mail come tante. Dal Domaine Marcel Lapierre. Saranno notizie sulla vendemmia mi dico. La apro dopo cena, e scopro che è la famiglia che annuncia la morte di Marcel. Una notizia inattesa e sconfortante.
Marcel era prima di tutto una grande persona. È considerato, a ragione, il padre dei vini naturali in Francia (chiamiamoli così per comodità).
Ho ancora perfettamente nitido il ricordo del primo Morgon bevuto ormai 15 anni fa da quel grande ristoratore ed innovatore che è Michele Alesiani, creatore dell’Osteria dell’Arancio a Grottammare e oggi alle redini di Cibo a San Benedetto del Tronto. A quel tempo quei vini si trovavano solo lì o quasi. Un vino a parte, così diverso da tutti gli altri. Irriverente, spontaneo, iconoclasta. Fragile, delizioso. Sarebbe stata la prima di una lunga serie di bottiglie.
I vini di Marcel si bevono. All’opposto di tutti quegli snob da degustazione, che sputi e non mandi mai giù, che devi spaccare in quattro per capire se hanno l’aroma di pelo di cavallo del Sudafrica o della Nuova Guinea.
Quando Marcel ti accoglieva nella sua cantina, era difficile cavarsela in poco tempo. Dopo l’assaggio delle barriques (tutte molto vecchie, attenzione) delle varie vigne, faceva seguito l’apertura di vecchie annate, il tutto con accompagnamento obbligatorio di formaggi e salumi. Nel frattempo arrivavano, amici, clienti, sommeliers. I bicchieri erano sempre piuttosto pieni, e il vino andava giù che era un piacere. E ti accorgevi che era tremendamente tardi…
Questa giovialità e disponibilità dell’uomo Lapierre non deve far dimenticare l’enorme contributo che il vigneron ha dato a tutto il Beaujolais e ai vini naturali in generale. Giunto all’azienda famigliare nel 1973, Lapierre conosce Jules Chauvet nel 1981 e riflette sulla deriva dei vini della regione. Vino novello, grandi produzioni, basse gradazione (fino a 8°!), che dovevano essere corrette da montagne di zucchero, fermentazioni con dosi massicce di lieviti, enzimi ed altre diavolerie, solforosa a spianare il tutto. Non fu semplice decidere di tagliare di netto con tutto questo. Solo dopo molti anni gli è stato riconosciuto il merito dovuto, ma se devo giudicare dalle guide e dalla critica d’Oltralpe, devo ammettere che il suo metodo non è ancora del tutto accettato dalla ortodossia del “sistema vino” francese. Fonda poi la famigerata “Banda dei quattro”, che poi diventano molti di più. Sono tutti quelli che hanno da lui tratto ispirazione e si sono dannati l’anima per riuscire a produrre vini di terroir, senza prodotti chimici in vigna e senza o con pochissima SO2.
Poi non importa se gli allievi hanno superato il maestro, il Morgon di Lapierre è di una bontà assoluta e ti regala emozioni vere, immediate. È un vino da amici. E questo credo sia uno dei migliori complimenti che si possa fare ad un vignaiolo, almeno per quanto mi riguarda, e se teniamo al valore dell’amicizia.
Ringrazio la sorte che mi ha indegnamente permesso di approfittare dell’amicizia di Marcel, e ricordo divertito i momenti di autentica festa vissuti nella sua cantina.
Un pensiero alla famiglia e a Mathieu, il figlio che ha il pesante fardello di continuare l’opera del padre.
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