25 maggio 2011

Atopia

Angelo Peretti
Atopia è un termine difficile e davvero poco usato. Significa "assenza di luogo", che può doler dire in qualche modo spaesamento. Ecco: l'atopia è la condizione dell'uomo d'oggi nelle nostre città-contenitore, nei nostri territori brutalmente violati. Temo sia anche la condizione di molti vini d'oggi nei vigneti omologati della viticoltura internazionalizzata. E così i vini diventano per la gran parte uguali e muti e privi di personalità, di anima.
Il termine atopia lo usava Eugenio Turri, geografo delle mie parti, di Cavaion Veronese. Scomparso da qualche tempo. Maestro dello studio del paesaggio e della sua lettura antropologica.
Turri viene ampiamente citato da Francesco Bevilacqua nel libretto, di cui ho scritto ieri l'altro, sul tema del Genius Loci. La questione mi intriga, e chi mi segue da tempo credo lo possa sapere. Credo che un approfondimento sul concetto, appunto, di Genius Loci, di spirito dei luoghi, di identità del paesaggio, possa essere una delle chiavi di volta per poter tornare verso vini che esprimano una personalità capace di andare oltre le mode e i meri dettami della tecnologia di vigna e di cantina. Superando, in qualche modo, il concetto francese di terroir, o forse, meglio, implementandolo.
Riprendo qui di seguito una mezza paginetta del libro sul Genius Loci nella quale si fa riferimento, appunto, alla lezione di Turri. "L'antico paesaggio mostrava i segni dell'uomo come timidi mutamenti dell'ambiente naturale, come metodiche di strenuo adattamento alle condizioni ambientali (testualmente Turri: 'Il segno umano aveva qualcosa di trepido, di sperduto e commovente nel suo aderire ai dettami naturali'), mentre il paesaggio dell'era postindustriale mostra il risultato della sopraffazione perpetuata ai danni della natura dalla tecnologia sempre più invadente e penetrante, sempre più capace di mutare i connotati del territorio, le sue caratteristiche, le sue vocazioni. Così l'uomo, conclude Turri, si direbbe incamminato verso l'atopia, verso un mondo senza luoghi, senza legami topografici. Quando Turri parla di atopia, ossia di assenza di luoghi nel senso antropologico-geografico, vengono in mente altri fenomeni contigui". Vengono in mente, aggiungo io, tanti vigneti contemporanei, disegnati con metodica industriale, mettendo mano a sbancamenti spaventosi, rimodellando suoli, modificando colline, spianando rilievi, allineando declivi. Come si può parlare di terroir per i vini che vengono da simili vigne?
Lo spirito del luogo viene ferito, ucciso. E finirà per gridare vendetta. Il vino sarà spaesato, senza luogo, e l'uomo pure. Siamo nell'età dell'atopia, anche nel vino, e in molti casi è veramente arduo pensare si possa invertire il cammino.

2 commenti:

  1. "atopia" è difficile, ma mi piacerebbe leggerne ancora e parlarne alla mia gente
    grazie, Ambra

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  2. Ciao Ambra. L'importante è che la tua gente abbia ancora orecchie per ascoltare, al di là dell'assordante frastuono del registratore di cassa.

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