26 maggio 2011

Una verticale del Cabernet Due Santi del Vigneto Due Santi

Mario Plazio
Tra i numerosi tagli bordolesi veneti, il Cabernet Due Santi prodotto a Bassano dai cugini Adriano e Stefano Zonta si è saputo imporre nel corso degli anni come un vino di grande personalità e dalla crescente eleganza.  Questo è il resoconto di una verticale di alcune annate di questo rosso composto classicamente da un assemblaggio di cabernet sauvignon, merlot e cabernet franc.
2006. Colore non troppo intenso. Naso che sente ancora un legno di buona finezza, poi spezie, erbe, carne e fiori. Bocca ancora in corso di assestamento, alcolica, ma tenuta da una solida materia e dall’acidità. Finale segnato dai tannini, che risultano molto maturi e presenti. Coi minuti il quadro si fa più elegante, escono la liquirizia e ancora le erbe. Da attendere. 89/100
2005. Più intenso cromaticamente. È in una fase complicata, di chiusura. Con pazienza restituisce frutti rossi, agrumi e una nota terrosa. Al palato è contemporaneamente più elegante e sferico del 2006. I tannini hanno una dinamica diversa: entrano in azione velocemente. Il finale è segnato dal rovere per la nota lattica, mentre l’inizio del palato sembra peccare di un pizzico di diluizione. Anche questo ha bisogno di ritrovarsi in bottiglia. 86/100
2004. Limpido e giovanile nei riflessi. Sembra più compiuto, è senz’altro uno dei più fini. Aromi di more, erbe, grafite, coi minuti accentua il carattere balsamico. Compatto e diretto ha un bel ritmo. Agrumato e complesso, non insiste sulla concentrazione ma sulla continuità delle sensazioni. Forse il più bordolese della serie, e penso sia un bel complimento. 92/100
2003. Più cupo ed intenso, vive già di note terziarie, che virano sul cuoio e la gomma. E poi liquirizia, composta di frutta, tabacco. Potente ed alcolico, rivela anche note verdoline, per una probabile insufficiente maturazione polifenolica. Ne risulta una minore complessità e un vino più prevedibile, con una certa sensazione di amaro nel finale. D’altra parte l’annata sappiamo come è andata. 84/100
2002. Colore rubino, bel naso che denuncia una certa evoluzione. Molto aperto, odora di confettura di lampone. È’ pronto, godibile, forse un pelino semplice, ma giustamente si affida alla facilità di beva senza cercare troppo la concentrazione che evidentemente non era nelle corde di quella vendemmia. Da bere.
84/100
2000. Colore denso e ancora giovanile. Naso macerato, vinoso, la complessità comincia a mostrare i propri segni. Ad esempio con le note ferrose, saline (capperi), accanto al cuoio e alle spezie. Il tutto senza nessuna forzatura. La potenza si rivela al palato, dove forse prevalgono i muscoli sulla eleganza. I tannini sono maturi, mentre il finale ricorda la liquirizia, le olive e l’infuso d’erbe. 89/100
1999. Colore non troppo cupo con note di evoluzione. È tra i più evoluti ed intriganti. Piacciono gli aromi di terra bagnata, roccia, tabacco fresco, acqua di mandorle. È meno loquace al palato rispetto al 2000, risultando per questo più sottile ed elegante, con una maggiore persistenza. 90/100
Nel complesso un vino dalle grosse potenzialità che comincia a prendere una dimensione interessante grazie all’invecchiamento del vigneto e all’esperienza dei due vignaioli. Come i buoni bordolesi, va atteso, anche a lungo perché possa rivelare tutte le sfumature di cui è capace. Forse una piccola riflessione potrebbe essere fatta sull’apporto del legno, che nei primi anni di vita del vino tende talvolta a debordare.

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