10 maggio 2011

Il vino perfettino non va giù

Angelo Peretti
Vini così mi mettono in crisi. C'è la consapevolezza che hai nel bicchiere un rosso fatto da gente che sa il fatto suo in cantina. Ma a tavola il bicchiere non va giù, non si svuota. Troppo perfetto, il vino, e la morbidezza e la struttura sono soverchianti.
M'è capitato al ristorante, in Piemonte. Il vino più in là nel tempo che c'è in carta è un Barbaresco del 2004, un cru celebrato dalle guide. Ordino senz'indugio: è rosso conosciuto, anche se magari l'annata non è delle più spettacolari. Arriva, lo metto nel bicchiere, e il primo sorso è accattivante, con quel frutto, quella spezia, quella morbidezza. Però, già, quella morbidezza: non trovo il carattere del nebbiolo. Che sia nascosto sotto al legno? Dico: s'aprirà. Invece non s'apre, resta lì, perfettino, appunto, nello stile che ha infatuato quasi tutti dagli anni Novanta, con la vaniglia e il rovere che non vanno via, fastidiosi alla lunga. E con la tavola è ancora peggio: proprio non va, non sta col cibo accidenti, ne è rifiutato. Non riesco a farlo andar giù.
Ora, mi dico: come fai a pensare che un vino del genere non meriti l'attenzione delle guide e i punteggioni nelle competizioni enologiche? Non ho dubbio che nel più classico degli assaggi alla cieca delle commissioni da concorso riceverebbe ampi consensi. Ma in tavola no, non sono stato capace di tenercelo, e dopo un ripetuto e vano tentativo di riportarlo alla bocca, chiedo di nuovo la carta e ordino un plebeo Pelaverga di Verduno, che coi piatti ci va, eccome se ci va.
Ecco, vini così, come questo Barbaresco, mi mettono in crisi: valido probabilmente per l'assaggio, impresentabile col cibo. Per questo amo sempre meno le degustazioni e preferisco stappare la bottiglia in tavola. La prospettiva cambia. Parecchio.

2 commenti:

  1. Veramente complimenti!
    Spero si possano leggere sempre più frequentemente osservazioni e soddisfazioni materiali sul vino che alla fine deve andare a tavola e dare piacere, migliorando il cibo che accompagna e se stesso.
    Il vino non deve servire né le guide ne i giornalisti, ma chi lo beve, una volta per alimento e oggi per piacere.
    Lanfranco

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  2. Grazie, Lanfranco. Condivido il pensiero. In toto.

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