Angelo Peretti
Ordunque, dicano quel che vogliono i sostenitori del tappo in sughero ovvero di quello - horribilis! - in materiale plasticoso. Ma il tappo a vite - pardon, la capsula a vite - è un'altra cosa. E non solo perché tien meglio il frutto e la sua integrità, ma anche per il fatto che se la bottiglia non la finisci, la riserri e te la bevi più avanti. Quanto più avanti? Più avanti, basta riavvitare ben bene. Per esempio, di questo Sauvignon Blanc neozelandese della Giesen winery m'era avanzato un mezzo bicchiere un po' abbondante, che però è povera abbondanza, essendo, appunto, solo mezzo bicchiere. Ho riavvitato stretto stretto come da copione ed ho lasciato - dimenticato - la bottiglia sul piano della cucina. Due giorni dopo - quarantott'ore dopo - me ne sono accorto del fondo di bottiglia, riordinando la casa, e ho voluto provare il vino. Perfetto, era perfetto. Merito del vino, certo, ma anche della richiusura con la capsula a vite: quale sughero sarebbe riuscito a fare altrettanto, su un bianco per di più?Veniamo al vino, adesso. Buono, dicevo, anche due giorni dopo. Tipicamente un Sauvignon Blanc di Marlborough. La selezione si chiama The Brothers, credo in auto-omaggio ai fratelli Giesen, titolari della vigna e della cantina. Annata 2009.
Il naso è quello che t'aspetti da un Sauvigon Blanc di quelle parti: fiori, frutto giallo croccante (direi susina ancora un po' acerba, con l'aggiunta di un che di litchie), fresche e sottilissime note di salvia. In bocca la croccantezza fruttata è avvincente. La freschezza offre tensione e allunga il frutto. La bocca saliva e chiede un altro bicchiere. Bellissimo bianco.
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)
Nessun commento:
Posta un commento