Mario Plazio
Da sempre provo ammirazione per i vini della famiglia Coffele. I loro bianchi sono sempre un connubio di territorialità e perfezione formale, senza per questo cadere nella trappola del tecnicismo.
Sorpresa fu scoprire una prima bottiglia del Classico 2004 che consegnava un vino piuttosto stanco e fuori forma, evoluto e per niente riconoscibile. Più volte mi è capitato di bere il loro “base” a distanza di anni e di trovarlo molto intrigante. Ho così aperto una seconda bottiglia e, magia, ho magicamente ritrovato quello che mi aspettavo.
Un profumo di Soave didattico, raffinato e quasi pungente nella sua inattesa freschezza. Non è affatto scontato credetemi, trovare complessità e facilità di beva in un vino nato per essere consumato entro poco tempo. L’età invece gli ha giovato, ci trovo addirittura accenni di mare e sale, di pera e agrumi.
Al palato la florealità conduce ad una beva esemplare (per la categoria di appartenenza) per pulizia e coerenza.
Tutto è bene quel che finisce bene. Sorge però spontanea una domanda: quando cominceranno i produttori a convincersi dei benefici dei tappi a vite? Quante, troppe, volte giudicheremo in maniera severa un vino a causa di deviazioni indotte dai tappi in sughero? Appoggio senza riserve quindi la campagna di Angelo a favore dei tappi Stelvin.
Meditate produttori, meditate…
Due faccini :-) :-)
Nessun commento:
Posta un commento