Aldo Lorenzoni*
La vivacità nel dibattito attorno all’uso del tappo a vite, e soprattutto la serie quasi unanime dei pareri favorevoli verso questa chiusura, mi spinge ad alcune considerazioni che ritengo utile condividere. Se oggi è possibile, almeno per il Soave doc, il confezionamento con il tappo a vite, è solo perchè già nel 2004-2005 nell’ambito del Consorzio è stata attivata una importante riflessione analizzando con attenzione ciò che stava accadendo sui mercati, soprattutto quello inglese.
Ricordo che allora non erano molti i produttori ed i comunicatori favorevoli a questa soluzione. La relazione comunque presentata dal Consorzio al Comitato Tutela Vini era così dettagliata e convincente che l’iter non ha avuto particolari problemi; anzi, la stessa relazione è stata spesso clonata da altre realtà produttive per ottenere la stessa possibilità. Il mercato ha da subito dato ragione a questa nuova chiusura superando facilmente quelle barriere mentali più evidenti nei paesi produttori e che sembravano legare indissolubilmente il concetto di qualità del vino solo ad un particolare confezionamento.
Da quella data sono state molte le aziende che si sono confrontate con questa chiusura, tanto che alcune hanno richiesto questa opportunità anche per il Soave classico. Questo al momento, come sappiamo, non è ancora possibile essendoci l’obbligo del tappo raso bocca per i vini caratterizzati da sottozone. Va comunque sottolineato che questa chiusura sembra avere sempre più successo se su 40 campioni di Soave prelevati nelle ultime settimane sul mercato europeo, nell’ambito di specifici progetti di tutela ed analizzati dal Consorzio, ben 10 bottiglie utilizzavano come chiusura lo stelvin.
Posso anche confermare che questi vini in relazione all’annata di produzione manifestavano una particolare freschezza. Purtroppo nella stessa degustazione abbiamo registrato almeno 5 bottiglie rovinate da un tappo di sughero difettoso.
Direi che anche questa breve (ma non esaustiva) nota sul tappo sottolinea alcune importanti azioni poste in essere dal Consorzio: attenzione all’evoluzione del mercato, indirizzo delle regole produttive, monitoraggio delle produzioni, azioni di informazione ai produttori ed ai consumatori.
Sono questi alcuni dei compiti storici dei consorzi, riconfermati con ancor più forza nel nuovo decreto legislativo che sostituirà la 164 del 1992.
Un esempio concreto di cosa possa fare il Consorzio nell’interesse di tutti gli utilizzatori della denominazione... anche non soci.
*Aldo Lorenzoni è il direttore del Consorzio di tutela del Soave
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