Angelo Peretti
Da quand'è entrata in vigore in Europa la nuova ocm (leggasi organizzazione comune di mercato) del vino, che di fatto assimila, sotto l'unitario cappello della denominazioni protette, sia i doc che gli igt, credo sia buona cosa declinare per esteso nello scriver di vini anche l'indicazione geografica. Le guide di settore di solito non lo fanno: se un vino è a doc (o a docg), scrivono per esteso la denominazione, mentre se è a igt, omettono l'indicazione geografica. Penso sia arrivata l'ora di cambiare: sul versante europeo, ormai una igt è assimilata a una igp d'altri generi merceologici diversi dal vino, ormai, e dunque perché non scriverla?
Comincio (a dare il buon esempio?) con quest'igt Vigneti delle Dolomiti, che è indicazione tridentina. Un rosso fatto da un mix di merlot, cabernet sauvignon, lagrein e teroldego: insomma, la viticoltura internazional-bordolese unita in sposalizio con quella autoctona del Trentino. E se nell'aprire la bottiglia - leggendo degl'internazionali - avevo un certo qual timore di trovarmi di fronte a un rosso in stile globalizzante, all'assaggio mi son lietamente ricreduto. Ché quest'è vino che ha bella beva e gioca anche sull'eleganza del fruttino più che sulla polpa.
Ha la ciliegia, il ribes, il mirtillo. Dell'affinamento in legno ti resta sottile memoria, per nulla invadente, in una lieve speziatura vanigliata, che ben s'unisce al frutto. Ha morbidezza, certo, ma anche bella freschezza. Così al primo bicchiere ne segue presto un secondo.
Due lieti faccini :-) :-)
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