18 settembre 2010

Amarone d'arte: sbaglio o quell'ologramma l'avevo già visto?

Angelo Peretti
In Valpolicella c'è l'Amarone è c'è l'Amarone d'Arte. O così almeno sostengono dodici produttori - tra i quali anche qualcheduno tra i miei preferiti, e comunque tutta gente che sa il fatto suo in materia di vino - che si sono riuniti in un'associazione, quella delle Famiglie dell'Amarone d'Arte. Ci sono Allegrini, Begali, Brigaldara, Masi, Musella, Nicolis, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant'Antonio, Tommasi, Venturini, Zenato. Un bel parterre.
Di recente han presentato il loro logo. Pardon, ologramma. "Esclusivo e distintivo", lo definisce un comunicato stampa. E sarà (ed è) sulle bottiglie "per renderle riconoscibili e garantirne l’autenticità e l’alta qualità".
Dicono, i vignaioli delle Famiglie, che "l’Amarone è oggi minacciato dall’eccessiva produzione, che non tiene conto delle zone vocate e si adegua ai minimi dei parametri di legge con un conseguente abbassamento della soglia qualitativa e subisce azioni commerciali che rispondono spesso a logiche di basso prezzo, in canali distributivi di massa", ed è interessante che ci siano amaronisti che dicono queste cose. Ci sarebbero tutti i presupposti per aprire un dibattito sul presente e sul futuro del mondo valpolicellista. Soprattutto quando le Famiglie sostengono che "da qualche anno, in Valpolicella, assistiamo a un fenomeno di sovrapproduzione, a fronte di una contrazione sul versante dei prezzi e, di rimbalzo, dei ricavi per i produttori. Nel 2008 sono stati venduti 6,75 milioni di litri di Amarone, mentre l’anno scorso 9 milioni. In termini di bottiglie questo significa che siamo passati da 9 a 12 milioni nel giro di due sole annate (2006-2007)”, mentre il fatturato "anziché crescere, ha registrato un andamento opposto: a fronte di un + 33% sui volumi, l’asticella del valore ha perso il 16%, con una flessione da 81 milioni di euro a 68 milioni di euro” e c'è un "segno negativo anche per il prezzo delle uve, passato da quattro euro il chilogrammo nel 2007 a 1,50 di quest’anno, mentre i costi di produzione hanno registrato un trend opposto". Tutto questo si traduce, secondo il team, in "uno scenario preoccupante" e fa dire così: "Alla vigilia dell’ingresso sul mercato dell’annata 2008 con i suoi 16 milioni di bottiglie, ci chiediamo quale altro record negativo andremmo a toccare con i prezzi”,
Ok, prendiamo atto, ed auguriamo un bell'in bocca al lupo ai dodici. E alla Valpolicella. E all'Amarone.
Eppoi c'è l'ologramma. E quando l'ho visto, mumble mumble, mi faceva venire in mente qualche cosa. Non sapevo bene cosa. Ma c'era qualcosa che mi pareva famigliare in quell'A (A come Amarone, ovvio). Finché mi son ricordato d'aver veduto una volta una bottiglia con un'A (A per Amarone) che gli somigliava. Breve ricerca su Google, ed eccola ritrovata: l'Amarone di Alpha Zeta.
Direte, che c'azzezza Alpha Zeta? Gli è che Alpha Zeta è un'azienda (un marchio) che vede attivo in terra veronese un celebre winemaker neozelandese, Matt Thomson. Su internet ho trovato ancora traccia di un vino di Alpha Zeta che viene presentato come proveniente "from the reliability Allegrini & the genius of Matt Thomson", ossia dall'affidabilità degli Allegrini e dal genio di Matt Thomson. Quale sia - se c'è, se c'è stato - il collegamento fra Allegrini e Alpha Zeta non lo so, e non m'interessa saperlo. Dico solo che l'Amarone di Alpha Zeta si chiama A e che la A in etichetta mi par somigliare parecchio a quella dell'ologramma delle Famiglie. Le metto insieme - le due A - nella foto. Che ne pensate?

6 commenti:

  1. Ecco che cosa mi ricordava...! hai ragione. Ho conosciuto Matt Thomson anni fa, quando da bravo neozelandese si occupava delle uve bianche di una nota cantina sociale veronese (ehm). Si vede che a forza di frequentare amaronisti gli è venuta voglia di farlo anche lui, l'Amarone.
    Quanto alle Famiglie, la cosa sta prendendo una piega tanto antipatica quanto pericolosa (per loro, per tutti). Perchè nessuna di esse, e sottolineo nessuna, è priva di scheletrini nell'armadio. E se qualcuno delle non-Famiglie comincia a scocciarsi e a tirarli fuori, questi scheletrini, scoppia un casino che metà basta...Perchè, nel mondo del vino, tutti sanno di tutti e tutti tacciono... finché qualcuno non inizia a pestare i piedi a qualcun altro...
    :-)

    L.

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  2. Beh, qualcuno diceva che "A pensar male si fa peccato, ma spesso ci s'azzecca", però in questo caso, io che penso male a prescindere, mi viene da assolvere il grafico o creativo di sorta. Mi sembra che questa sia la A del Times, uno dei caratteri, o forse il carattere tipografico più popolare al mondo. Saccheggiato da tutti praticamente. Direi che parlare di plagio o di copiato, non è il caso.
    Dell'altra questione ci sarebbe da discutere un mese, o forse di più, magari se si anima anche quella, mi inserisco in seguito. Però lascerei stare i toni tra l'astioso e il risentito della Elisabetta Tosi, che come al solito non fa nè i nomi nè i cognomi, gettando fango un po' su tutti. Chi è senza peccato scagli la prima pietra, mi verrebbe da dire, ma questo non significa che un gruppo di ottimi produttori, tra i migliori direi, non possa fare squadra cercando di contrastare quello che è un fenomeno innegabile: la sovrapproduzione non di alta qualità e il drastico calo dei prezzi. E tiriamoli fuori questi scheletrini, altrimenti stiamo zitti.
    Alberto Tonello

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  3. Appunto: chi è senza peccato scagli la prima pietra, Alberto. Le Famiglie lo stanno facendo da tempo, sui loro colleghi (scagliar pietre, intendo). Io che in Valpolicella ci vivo, conosco bene tutte le aziende, e ti posso assicurare che di "puri" autentici ce ne sono gran pochi, e di quelli che conosco io nessuno fa parte di questo gruppo. Quanto allo scendere nei dettagli, non lo fanno le Famiglie quando parlano genericamente di "azioni commerciali che rispondono spesso a logiche di basso prezzo, in canali distributivi di massa", perchè dovrei farlo io? Personalmente, sono a conoscenza di molti episodi poco edificanti, ma renderli pubblici non fa certo bene alla denominazione. Per questo dico solo: attenti, perchè qualche peccatuccio l'hanno commesso tutti. Nessuno ha mai detto che queste aziende non facciano Amarone di altissimo livello: ma questo non da' loro nessuna esclusiva sulla qualità. Sono la prima a plaudire a raggruppamenti di marchio, che anzi incoraggio ogni volta che posso: ma fare comunicazione in negativo, gettando fango sulla concorrenza, non aiuta ad accattivarsi le simpatie delle persone. E apre la porta a molti sospetti (più o meno fondati).

    L.

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  4. Non capisco dove stia la comunicazione in negativo: dire che aumenta la produzione e diminuisce il fatturato non è fare comunicazione in negativo, ma registrare con consapevolezza e preoccupazione una realtà dettata dai numeri. Semmai è continuare a fare finta di nulla che è criminale, semmai è chiudere gli occhi su cantine che vendono l'Amarone a prezzi di saldo che è criminale. Non mi pare che la comunicazione messa in atto da questi produttori tenda a trasmettere una esclusività sulla qualità, non lo vedo scritto da nessuna parte, dire "il nostro è un marchio che vuol dire qualità" non significa che tutto il resto non lo sia. E dove starebbe tutto sto fango che questi produttori butterebbero sulla concorrenza? Io sono sempre stato convinto che sia l'eccellenza a trainare tutto il mercato e se fossi un Consorzio in America, come in Giappone farei assaggiare i migliori, certo che i consumatori poi, abbinando alla denominazione la massima qualità, quella poi andrebbero a cercare anche sugli scaffali della grande distribuzione. Stare dalla parte dei duri ma puri è sicuramente romantico, ti preserva da qualsiasi attacco speculativo, ma non cambia le cose e il mercato, che sono influenzati dai numeri e dalla massa critica. Resto infine del parere che gettare accuse pesanti senza fare nomi e dare particolari sia da condannare. E non spetta certo ai produttori farlo, lo fanno un altro mestiere.
    Alberto Tonello

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  5. Vi ricordo che queste "Famiglie di artisti" hanno un loro statuto con un prezzo minimo di vendita ma che pochi rispettano se vogliono vendere e sinceramente la cosa non è molto artistica.

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  6. La comunicazione in senso negativo è quando mi metto a parlare male degli altri per esaltare me stesso... una strategia totalmente sbagliata, se sono bravo il mercato mi giudicherò bene, non mi occorre dire che il mio vicino è peggio di me, io mi preoccupo di fare bene il mio, se poi lo farò meglio degli altri... meglio per me.

    TOTO

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