29 settembre 2010

Pojer & Sandri: Rosso Fajé, vent'anni di storia

Mario Plazio
In occasione della recente edizione di Vinix ho avuto il piacere di essere invitato ad una degustazione dei primi venti anni di Rosso Fajé. Uscito per la prima volta nel 1989, è un vino al quale, accanto alle uve prettamente bordolesi, si è voluto aggiungere il lagrein, in omaggio alla tradizione locale. La degustazione ha messo in rilievo una unità stilistica tra le varie annate e una mano delicata nel cogliere le sfumature. Le rese non sono mai eccessivamente basse, e questo contribuisce a dar vita a vini di buon equilibrio e privi delle ormai consuete concentrazioni muscolari. Il legno è dosato sempre meglio e resta in sottofondo nei primi anni, per poi sparire nel tempo. Le note vegetali, punto dolente di tanti vini trentini e altoatesini, si percepiscono solo in qualche annata minore e sono tutt’altro che nocive.
Ecco le mie note di assaggio.

2009. Vino ancora in botte. Vinoso, pulito, spezie, ciliegia, cacao. Legno presente ma elegante. Bocca ancora troppo giovane e sensazione alcolica da domare, da cui deriva la nota pungente. Bello il frutto, sembra un po’ troppo semplice, ma il giudizio va riveduto dopo la messa in bottiglia. Ricorda stranamente un teroldego in purezza o un lagrein.
84?? Con molti interrogativi

2007. Spezie, cuoio, tartufo, frutta nera, estremamente elegante. Fine, meno alcolico del precedente, aromi di menta. Sensazione di una materia non perfettamente matura per il finale corto e senza la dovuta “cattiveria”.
85

2006. Naso di confettura, frutto profondo e bella mineralità. Al palato si allunga molto senza essere eccessivamente potente. Ancora molto giovane eccellente potenziale. Coi minuti si richiude. Chiusura sapida. Il migliore tra quelli degli ultimi anni. Attualmente in vendita in azienda a 21 euro.
87

2004. Impressione di maturità più spinta, vaniglia, caramello e legno più evidente. Anche in bocca il rovere si fa sentire e i tannini restano rigidi con il rischio di seccare nel finale tra qualche anno. Il finale manca della dovuta continuità.
85

2003. Fine ed elegante, didattico nelle note di lampone, tartufo e spezie. La beva è elegante, senza inutili concentrazioni, al limite del fragile ma paradossalmente profonda e continua. Non avrei mai pensato si dovesse trattare di un 2003. Mario Pojer conferma che la vendemmia è stata salvata dall’Ora, il benefico vento del Garda che ha garantito freschezza anche in una annata tropicale.
89

2001. Sensazione iniziale di alcol e ciliegia sotto spirito. Poi lampone e tabacco. Al palato appare come leggermente diluito, anche se ha una buona persistenza. Col tempo si appesantisce e appare più vegetale (brodo di verdura) e non tra i più nitidi.
84

2000. Altra espressione decisamente bordolese, con cassis e grafite in evidenza, accanto a cuoio e tabacco. Composto e profondo, è anche floreale. Tra i più fini, forse a scapito della pura concentrazione, ma anche tra i più bevibili.
88

1998. Un vino a parte, che avevo giudicato come pirata. Al colore è già più evoluto, mentre al naso è affascinante, marino e minerale. Molti hanno detto che “pinoteggia”. Equilibrato al palato, dove escono aromi di cuoio, animale e fiori secchi. Presente e continuo, rimane fresco e di buona beva nonostante la notevole energia di cui è dotato. Splendido. Mario ha confermato l’anomalia del millesimo: infatti non c’è traccia di cabernet sauvignon, che è stato sostituito dal cabernet franc. A mio avviso una pista da esplorare, nonostante l’avviso contrario del vigneron. D’altra parte spesso le cose più interessanti non nascono dal caso?
92

Château Margaux 1993: vino pirata. Evoluto, carne, cuoio e spezie. Meno pulizia dei vini vicini. Coi minuti sembra migliorare. Tannini abbastanza duri e vegetali, manca di consistenza nel finale.
85

1993. Naso concentrato. Tamarindo, ciliegia. Bocca viva e presente, maturo senza essere pesante. Il finale potrebbe essere migliore, manca di un pizzico di complessità ma risulta tra i più gradevoli da bere.
88

1993. Magnum. Servito a tavola il magnum ha confermato, se ce n’era bisogno, la superiorità dei grandi formati nell’invecchiamento. Il naso è più fresco, esco una fine nota fumé e di goudron, rimane una certa sensazione di vegetale, ma molto gradevole. E poi terra e humus. Sapido e lungo, resta elegante salvo un tannino leggermente asciugante e non perfettamente muturo nel finale.
90

1992. Buona materia che coi minuti si disunisce. Piuttosto disordinato, ma stranamente giovanile. Confettura di mirtilli, cioccolato, pepe e minestrone. Più largo che lungo, bei tannini, cede col tempo.
86

1990. Vino chiuso ed introverso, animale, cuoio e pepe. Tannico forse in eccesso, segno di uve maturate in annata particolarmente calda. Vino quadrato, migliora nel bicchiere e lascia l’impressione che un passaggio in caraffa potrebbe fargli molto bene. Potente e solare finisce con aromi di erbe in infusione.
90

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