3 settembre 2010

Ma le annate calde non sono fatte per gli altoatesini

Angelo Peretti
Sono stato a Vinea Tirolensis. Massì, la rassegna annuale, a Bolzano, dei Freie Weinbauern Freie Südtirol, i Liberi Vignaioli dell'Alto Adige, che, chissà perché, nella versione italiana del nome del loro sodalizio eliminano il Liberi e si limitano a scrivere Vignaioli dell'Alto Adige.
Quello di Vinea Tirolensis è ormai diventato un appuntamento annuale che non mi perdo. Perché credo che sia questa l'idea vincente: mettere insieme i piccoli vignaioli e farne squadra. Presentandosi al pubblico, appunto, come un qualcosa di unito, di compatto, di animato dalle medesime intenzioni, dall'identico sentire.
Mi piace, la loro rassegna, nonostante tutto. E il nonostante tutto sta nel fatto che pensavo che l'idea di trasferirsi dallo scomodo Teatro sociale allo storico e fascinoso Castel Mareccio fosse vincente e invece ho dovuto prendere atto che la location è sì più suggestiva, ma anche più scomoda per chi vuol assaggiare, con le postazioni dei vari produttori troppo appiccicate l'una all'altra. Eppoi continua a mancare uno spazio dove si possa tastare il vino in maniera più o meno professionale, seduti, fuori dalla calca. Insomma: vorrei poterli provare un po' tutti, i vini in esposizione, senza dover lottare all'arma bianca per averne un goccio da assaggiare fra gli spintoni, impossibilitato a prendere appunti.
Che dite? Che son di malumore? Può darsi. E magari quest'impressione la darò vieppiù se dico - come dico - che le annate calde non sembrano il massimo per i vigneron sudtirolesi. Ché l'impressione generale - eccezioni a parte, e delle eccezioni avrò modo di dire più diffusamente nei prossimi giorni - è che i bianchi altoatesini del 2009 - annata calda, appunto - sian troppo sulla vena della dolcezza. E la freschezza acida che mostrano non riesce a compensarla in toto. Il che - capiamoci - dal punto di vista commerciale può anche essere un vantaggio, ché molta gente ama bere bianchi più intonati al dolce ed al morbido che non all'affilato nervosismo dell'acidità. Ma, semplicemente, non son vini che abbiano i numeri - ripeto, eccezioni a parte - per lasciare il segno. Ben fatti, certo, ché ormai la scuola enologica altoatesina ha da insegnare a chichessia in campo bianchista. Ed anche piacevoli il giusto, ci mancherebbe. Ma spesso mi sono apparsi privi di quello slancio che li renda memorabili.
Questo 2010 è stato ben più fresco, sinora. E dunque aspetto con ansia il Vinea Tisolensisis 2011. Per verificare se l'impressione è corretta, ovvero se ai Südtiroler giovino di più le annate fresche.

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