25 aprile 2010

Contrordine, compagni: la trasparenza non conviene (oppure sì)

Angelo Peretti
Giusto un mesetto fa, pubblicavo su quest’InternetGourmet un pezzo dal titolo: “Manifesto 2010: dite la verità sul vino”. Citavo l’editoriale di Matt Kramer sul numero di marzo di Wine Spectator. Partendo da un suo interrogativo: "Perché le aziende vinicole sono così riluttanti nel dire come fanno i loro vini?".
Questo l’invito di Kramer: "Nell'epoca dei web site, dei blog e delle applicazioni dello smartphone, l'abilità di raggiungere un pubblico non mediato da, be', gente come me, è senza precedenti. Diteci cosa fate e perché lo fate”.
Riprendevo, invitando da parte mia a “spiegare, parlare, comunicare. Non per giustificare, ma per informare. Per creare un clima di fiducia”. E mi spingevo anche ad affermare che “la trasparenza oggi può essere una buona pratica di marketing”.
Be', ritiro tutto. Produttori, non ascoltatemi. E nemmeno ascoltate Kramer. Mi sono sbagliato.
Lo dico dopo aver letto su quello che considero il miglior wine blog italiano, ossia il Vino al Vino di Franco Ziliani, qualche commento seguito alla pubblicazione della precisazione di una nota azienda toscana, Brancaia, a seguito di un precedente post nel quale Franco riprendeva una pagina d’un recente libro di Andrea Scanzi.
Ziliani è stato come sempre chiaro nell’esporre le informazioni in suo possesso. Ed ha fatto riferimento ad un “Decreto di Sequestro Preventivo disposto dall’Ufficio Indagini Preliminari del Tribunale Ordinario di Siena in data 24 novembre 2009, richiesta di sequestro nella quale l’azienda Brancaia è più volte citata”.
Brancaia ha voluto offrire la propria versione dei fatti, ed ha agito con una trasparenza che non mi pare così frequente nel mondo del vino italiano. Ha dunque spiegato che con le uve dei propri vigneti - e solo con quelle - fa “tre vini di punta: Brancaia Il Blu (igt), Brancaia Chianti Classico (docg) e Ilatraia (igt)”. E che poi fa anche un quarto vino. Dicendo: “Il nostro vino di pronta beva, Brancaia Tre (igt), comprende tutte le uve che non possono essere selezionate per i nostri vini di punta. Visto il successo e la richiesta di Brancaia Tre, in aggiunta alle uve di nostra produzione, da qualche tempo acquistiamo uve e vino sfuso (entrambi a igt Toscana)”.
La vicenda che vede ora coinvolta Brancaia riguarderebbe proprio ora Brancaia Tre, il vino “di pronta beva”, e questo perché l’azienda ha comprato vino da commercianti di sfuso ora coinvolti in un’indagine per la vendita “con falsa documentazione”.
Branciaia i fatti li spiega così: "Due commercianti toscani di vini sfusi sono indagati per aver venduto vini con falsa documentazione (frode). Di conseguenza, tutti i vini sfusi, anche già ceduti a produttori, sono stati bloccati. Poiché avevamo acquistato in buona fede da questi commercianti, il vino che è stato utilizzato per Brancaia Tre è stato bloccato. Durante i controlli abbiamo esibito tutti i documenti richiesti e risposto a tutte le domande. Al termine dei controlli, Brancaia Tre è stato sbloccato. Acquistiamo solo una piccola quantità di vino sfuso e solo per Brancaia Tre. La selezione di uve acquistate e di vino sfuso è prevista dalla legge e basata su alti standard qualitativi. Tutti gli altri nostri vini sono fatti solo con uve di nostra produzione".
Per me, le spiegazioni bastano e avanzano. E mi verrebbe da dire che Brancaia ha fatto bene, benissimo a spiegare. E che bene, benissimo ha fatto Franco Ziliani a pubblicare (e del resto sulla sua correttezza e professionalità non c’è proprio nulla da recriminare).
Invece no. Invece, leggendo qualche commento dico che Branciaia rischia d’aver fatto male ad essere trasparente. Perché c’è stato chi ha parlato di vergogna e di scandalo nell’apprendere che un’azienda così compra anche uva e vino da altri. E che quest’agire sarebbe “una vera e propria truffa ai danni dei consumatori”. Ma vogliamo scherzare?
Invece sì. Ha fatto comunque bene a parlare, a spiegare. E speriamo non resti un caso isolato. E che si vada avanti lungo la strada della trasparenza. Anche nelle piccole cose. Per esempio, dicendo sul proprio sito che quel tal vino è fatto esclusivamente con le uve coltivate direttamente sui propri vigneti, e quell’altro invece è fatto con la professionalità di casa, ma attraverso l’acquisto di uve o di semilavorati da altri. Sul sito di Brancaia a proposito del Tre leggo ora così: “Le uve, selezionate con cura, arrivano dai nostri tre poderi toscani: Brancaia (Castellina), Poppi (Radda) e Brancaia in Maremma (Morellino di Scansano)”. Alla luce di quanto scritto dall’azienda a Ziliani, non mi parrebbe un'informazione completa. Per favore, si corregga anche lì.
Capisco che a dire così ci siano dei rischi potenziali in termini di reputazionalità commerciale, ché far bene il négociant in Francia è considerata un’arte, mentre in Italia la reputazione non è la stessa. Di là delle Alpi ce ne sono addirittura alcuni che appartengono al mito del vino francese: dicono niente nomi come quelli di Louis Jadot in Borgogna e Guigal o Jaboulet nella Rhône? Gente che commercia tanto vino, e spesso è grandissimo vino. Ma se si è scelta la strada della trasparenza, credo possa esser bene percorrerla fino in fondo. Trasformandola in un plusvalore che l’azienda offre alla propria clientela.
Sarà un percorso faticoso, ma alla fine la trasparenza può pagare. Prendiamo il piccolo esempio di questo mio InternetGourmet: sarà anche poca cosa, ma mai prima d'ora mi ero occupato - credo - di Brancaia, e adesso ho finito per darle invece seppur modesta visibilità. Tutto perché hanno avuto il fegato di provarci, a comunicare davvero.

1 commento:

  1. Angelo,in Italia si apprezza di più l'idea di un vino che il vino stesso.
    Si da molta più importanza a spiegare in maniera più o meno trasparente a come si fa quel vino che il vino stesso.
    As esempio se si prende un vino e si racconta che è stato fatto con Corvina e Oseleta ha un certo successo; se invece si racconta che e stato fatto con Cabernet e Merlot ne ha un'altro, probabilmente inferiore, e si che il vino è lo stesso.
    In Francia a me sembrea che prima di tutto metta in evidenza la complessità di un vino e poi come sono arrivati a farlo.

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