19 ottobre 2009

Della sostanziale inutilità delle guide vinicole italiane

Angelo Peretti
Le guide dei vini sono arrivate in libreria. Chi non c’è ancora arrivato, ha comunque diffuso le informazioni sui premiati: i vini, intendo, che hanno ricevuto i tre bicchieri, i cinque grappoli, le corone e via discorrendo. Per conto mio, ho già comprato da tempo la guida Hachette dei vini francesi. E resto ancora una volta stordito dalla straordinaria utilità della guida transalpina e dal forte rischio d'inutilità sostanziale di quelle italiane. Parlo dal punto di vista del consumatore, soprattutto. Ma anche del territorio. E mi domando: perché non abbiamo anche in Italia qualcosa di simile alla Hachette?
Qual è la differenza? È sostanziale. Per molti, molti ordini di motivi.
Le guide italiane sono unidirezionali e di stampo decisamente filoamericano, valorizzando esclusivamente i vini che si posizionino al top in termini di punteggio (centesimale) e quindi, del tutto prevalentemente, di concentrazione e potenza. Inoltre, le schede sono dedicate non già ai singoli vini, bensì alle aziende. Si tratta di guida alle aziende produttrici, prescindendo dal loro territorio d’appartenenza, con l’esaltazione dei loro prodotti maggiormente “importanti” in termini di ricchezza estrattiva o di complessità.
La Hachette è divisa per denominazione d’origine, e dunque per territorio. Recensisce i vini e non le aziende. Per ogni singolo vino offre un rating in stelle (da zero a tre), che è sostanzialmente in linea con il sistema italiano e americano (tre stelle equivalgono a un vino molto concentrato). Ma all’interno di ogni singola denominazione assegna i propri coup de coeur (contraddistinti dalla pubblicazione dell’etichetta), che mettono in luce i vini più corrispondenti ai caratteri dell’annata e del terroir, prescindendo dal fatto che abbiano ottenuto due o tre stelle. E questo vale per ogni denominazione, anche quelle minori.
La Hachette offre dunque due diverse opportunità al lettore: scegliere i vini più concentrati e muscoli, a prescindere dall’adesione ai caratteri di territorialità (le tre stelle, per capirci), esattamente come le guide italiane, oppure – ed è questo il valore aggiunto - acquistare i vini più in linea con i caratteri dell’annata e del territorio (i coup de coeur), a prescindere dalla loro potenza.
Di fatto, un lettore della Hachette può scegliere anno per anno il meglio di ciascuna denominazione di origine francese (vuol dire: di tutte le denominazioni francesi, non solo di alcune come si fa in Italia), ovviamente secondo il giudizio soggettivo dei critici della guida. Un lettore italiano, invece, può scegliere solo fra i vini più ricchi all’interno delle sole aziende segnalate e comunque delle sole doc premiate. Un bel limite. Anzi, brutto.
Non solo. In Italia, all’interno di alcune denominazione, c’è quasi l’impressione che siano todos caballeros, ché i vini premiati son decine e decine. In Francia, invece, i coup de coeur son dati col contagocce. Ora, mettiamoci nei panni di un utente “normale” che voglia andare a conoscere un certo territorio vinicolo per provarne “il meglio”: in Italia dovrebbe tastare e comprare decine di vini, in Francia gliene bastano a volte tre o quattro, anche quando abbia a che fare con grandi appellation.
Esemplifico, che forse è meglio.
Prendiamo, per l’Italia, la docg del Barolo. In tutto, annualmente il Barolo viene prodotto in circa 10 milioni di bottiglie, un dato importante per quel che dirò di seguito. Ebbene, quest’anno, la guida del Gambero Rosso ha premiato con i suoi tre bicchieri ben 36 Barolo, mentre quella dell’Ais, la Duemilavini, ha assegnato i cinque grappoli addirittura a 39 Barolo. Domando: sarà mai possibile che un consumatore, anche appassionatissimo, li assaggi tutti? Domando ulteriormente: a che serve in un territorio piccolo come quello del Barolo indicare come eccellenti così tanti vini? O meglio, a chi serve, se non ai soli produttori?
Prendo la Hachette. Vado a vedere le pagine dei Bordeaux. Da quell’area arrivano fiumi, mari, oceani di vino. Ed alcuni appartengono a pieno titolo alla storia, al mito, alla classicità del vino. Cerco qualche appellation bordolese che in qualche maniera si avvicini quantitativamente a quella del Barolo. Prendo Saint Émilion, quasi 8 milioni di bottiglie: i coup de coeur sono solo tre. Prendo Saint Émilion Grand Crû, 9,5 milioni di bottiglie: 9 coup de coeur (ed è il tetto massimo in tutto il Bordolese). Prendo Pessac Leognan, 9,5 milioni di bottiglie: 3 vini col coup de coeur. Che differenza! Se uno vuole, qui si fa davvero l’idea del “meglio” (sempre, ovviamente, secondo il parere della Hachette). A Barolo e dintorni, se uno vuol provare il “meglio” delle guide, si prende una sbronza colossale.
Oh, sia chiaro: nulla contro il Barolo, che è e resta, per me, “il” vino rosso italiano. Ma le comparazioni potrebbero essere tantissime altre. Una su tutte: gli spumanti. Il Gambero premia coi suoi tre bicchieri ben 9 Franciacorta. La Hachette assegna il coup de coeur a 15 Champagne. Il numero dei premiati non è molto dissimile, ma le quantità prodotte (e la numerosità dei produttori) è agli antipodi: il Franciacorta fa meno di 10 milioni di bottiglie, mentre lo Champagne arriva a 260 milioni, tra l’altro dopo aver drasticamente ridotto la produzione. I dati parlano da soli. Purtroppo.
Domando di nuovo (e temo che resterò senza risposta): ma perché noi, in Italia, non possiamo avere una Hachette?

6 commenti:

  1. Non possiamo avere una Hachette perchè non abbiamo la cultura enoica dei nostri cugini d'Oltralpe...
    laura rangoni

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  2. perchè non possiamo avere una Hachette?
    semplice perchè noi siamo Italiani con tutti i pro ed i contro e loro sono Francesi......con due grandi pro : Champagne e Pinot noir.....
    susy

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  3. @Laura. Sono sostanzialmente d'accordo con te. Il sistema di classificazione francese prende avvio attorno alla metà dell'Ottocento. Da noi, si è cominciato sul finire degli anni Sessanta del Novecento, ma solo con gli anni Ottanta si è sviluppata una "scuola" di critici del vino, che si è nutrita tuttavia degli schemi degustativi centesimali, con forte matrice americana.
    @Susy. Hanno un terzo pro: Bordeaux. Borgogna e Bordeaux sono i due grandi sistemi francesi di classificazione per cru e terroir.

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  4. Sacrosantissimo.
    PS Non c'è un Hachette, perchè... non c'è un Hachette. Nel senso che non c'è (per ora) un grande editore indipendente italiano che voglia cimentarsi con una guida innovativa. Ma il discorso sarebbe molto più lungo.

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  5. D'accordissimo, Fabio. L'anomalia italiana è quella dell'assenza del grande editore indipendente.

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  6. Post molto interessante, grazie.

    Una guida così l'acquisterei immediatamente.
    alex

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