2 ottobre 2009

Vendemmia 2009: è il tempo della Grande Speculazione?

Angelo Peretti
La vendemmia sta proseguendo, e in giro per l'Italia c'è preoccupazione. Perché coi prezzi a cui vengono pagate le uve quest'anno, molti non riusciranno neppure a coprire i costi di produzione e di raccolta. Si parla di ribassi fra il 10 e il 50 per cento rispetto alle quotazioni dell'anno passato. Perché?
Le spiegazioni possono essere di tre tipi. In taluni casi s'è sgonfiata la bolla di prezzo che s'era espansa oltre ogni misura. In altri casi le cantine son così piene che tirar dentro uva per farci altro vino è quasi un azzardo. Ma in cert'altri casi - e forse neppure così pochi - s'avverte l'ombra della speculazione da parte dei commercianti. Anzi, se volessi far della fiction, direi che quella del 2009 potrebbe passare alla storia come la vendemmia della Grande Speculazione.
La spiegazione che molti danno è semplice, e fors'anche semplicistica: la crisi economica ha ridotto i consumi e dunque, per fronteggiare la contrazione degli acquisti da parte dei consumatori, i grandi buyer internazionali chiedono pesanti riduzioni di prezzo ai fornitori, e dunque per far fronte alle pressioni dei buyer i commercianti devono abbattere il costo delle materie prime, e dunque pagano meno l'uva. Il ragionamento non fa un grinza. Forse, perché se invece volessimo della fiction...
Proviamo a farla, 'sta fiction. Mi sorge un dubbio: se è così, cioè se davvero lo scenario è quello appena descritto, vuol dire che chi fa commercio di vino pensa che la ripresa dell'economia sia molto, molto lontana. Perché altrimenti chi ha fatto contratti ai prezzi stracciati d'oggidì, farà presto quattrini a palate. Esempio. Mettiamo che io abbia fatto oggi un contratto d'acquisto d'una cisterna d'un certo vino fissando, chessò, il prezzo d'acquisto a 40 centesimi al litro (nessuno pensi che si tratti di un prezzo basso: in Italia ce n'è una marea di vino buono in vendita all'ingrosso a questo prezzo, e anche a meno). Mettiamo che in primavera ci sia qualche risveglio della domanda, e dunque una anche piccola ripresa dell'inflazione. Mettiamo che io quel tal vino comprato a 40 centesimi riesca dunque a piazzarlo, chessò, a 42 centesimi. Lo spread sembra piccolo: 2 centesimi appena. In realtà, il guadagno percentuale è del 5 per cento, che rappresenta un signor tasso d'interesse, considerando l'andamento attuale dei mercati finanziari. E se consideriamo che stiamo parlando d'un orizzonte temporale di sei mesi, si capisce che l'utile in base annua supera il 10 per cento. Senza peraltro aver neppure tirato fuori i quattrini: vino acquistato sulla carta e rivenduto sulla carta. In finanza lo chiamano future. Roba da Grande Speculazione, se consideriamo che a pagare il conto è stato solo chi ha fatto l'uva.
Ma c'è un'altra speculazione che si profila all'orizzonte con la crisi del prezzo delle uve: quella edilizia. Sissignori. Gli è che molti vigneti italiani sono in zone apprezzabili sotto il profilo paesaggistico. E finora quelle terre han resistito all'assalto urbanistico perché alla fin fine la vigna rendeva. Ma se non rende più, la vigna s'abbandona, e quella terra comincia a far gola all'immobiliarista. Una variante al piano regolatore non te la faranno, in comune, se sei diposto a investire nel mattone e magari anche a far lavorare le imprese del posto?
Prendiamo la Valpolicella. C'è stata, fra gli anni Settanta e Ottanta, quella che han chiamato la "negrarizzazione". Un ampio pezzo della collina di Negrar, cuore della zona Classica, in quegli anni è stato preso d'assalto, sventrato, riempito di cemento. Uno scempio, che fa male a guardarlo. Poi, l'avanzata di case e villette s'è fermata, perché, coi prezzi costantemente in crescita dell'Amarone, conveniva piantarci vigne, a Negrar e nella Valpolicella tutta: la terra da vigne è schizzata in alto in valore. Ora l'Amarone ha bruscamente fermato la sua corsa, e così pure han rallentato le quotazioni delle uve. E già c'è in Valpolicella chi parla di rilancio dell'economia attraverso la leva dell'edilizia. Sia chiaro: un'edilizia di qualità, dicono, e posso anche ammettere che ci credano davvero. Ma intanto si perderà altra terra. Magari quella abbandonata dai vignaioli. Non oggi, certo, e forse neppure domani, ma se la Grande Speculazione continuasse il suo percorso, dopodomani potrebbe accadere. Lì come in tante, tante altre parti d'Italia. Ché le vigne, di solito, sono in bella posizione. Magari panoramica.

8 commenti:

  1. Forse era un po troppo caro il vino prima no? Esistono realtà di produttori che lavorano con grande qualità e vendono la bottiglia a 4 euro, altri a 5 volte tanto: da cosa è giustificata tutta wuesta differenza?

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  2. Il vino non cala di prezzo, calano le quotazionmi delle uve, e si riducono proprio per lasciare invariato il prezzo del vino. Questo è il problema.
    Che cosa giustifica prezzi diversi? Le teorie economiche ci dicono che il prezzo si forma attraverso l'incrocio della domanda e dell'offerta. Qualunque intervento porti ad avere una domanda superiore all'offerta fa salire il prezzo. Anche il marketing serve a questo.

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  3. Come segnalato da Luciano Pignataro che ha tradotto questo articolo http://www.msnbc.msn.com/id/33077837/from/ET, non è poi tanto vero che il prezzo del vino non sia in calo. C'è una tendenza al ribasso dei prezzi, soprattutto nel mercato americano. C'è un indubbia tendenza al calo della domanda e di conseguenza un abbassamento dei prezzi? Servirà pure il marketing, ma penso che sia in arrivo un "ridimensionamento" favorevole al consumatore e in qualche modo salutare.
    Rispeto a qualche anno fa è possible trovare vini di ottima qualità spendendo meno. Tu che ne dici, Angelo?

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  4. @Maria Grazia. Bisogna distinguere.
    Intanto, fra prezzo in cisterna e prezzo in bottiglia. A fare il mercato di molte denominazioni è il vino in cisterna. E sui vini doc in cisterna ci sono gli andamenti più difformi in questo momento.
    Poi, bisogna vedere la provenienza dei vini sul mercato americano. Non c'è dubbio che i listini dei produttori australiani e argentini indirizzati alla grande distribuzione statutitense abbiano avuto forti flessioni, ma parimenti ad abbassare la media di prezzo sono stati prodotti nuovi, realizzati in un sistema di sostanziale deregulation. Così pure non v'è dubbio che le ultime annate dei Bordeaux abbiano avuto delle consistenti riduzioni di prezzi dopo gli spaventosi (e immotivati, se non per effetti speculativi) incrementi delle vendemmie 2004 e 2005, riportando i listini, mi pare, ai livelli del 2000. Ma non esistono solo il mercato americano e i commodity wines australiani.
    Prova a fare un giro nei supermercati italiani e dimmi che cali trovi (considera che ottobre è un periodo di saldi sugli scaffali italiani della gdo).

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  5. Io credo che, al di là dei prezzi del vino, occorra prendere in considerazione il prezzo dell'uva che oggi è al di sotto del livello di sopravvivenza degli agricoltori (come, d'altrode il prezzo del mais, del frumento, delle zucchine, del latte...). Pagare 15 centesimi al chilo la garganega e 8(!) il nero d'Avola vuol dire strozzare chi l'uva la produce e la rivende. E non mi si dica che le cantine sono autosufficienti! Mai visti tanti camion e trattori carichi d'uva come quest'anno dirigersi verso cantine anche famose: e non erano certo tutti mezzi che proveniveno da terreni di proprietà.
    Una calmierata ai prezzi è doveroso che avvenga ma non capisco come mai, ancora una volta, che deve "calmierarsi" siano i produttori di uva e non chi sull'uva specula. La garganega in tre anni è dimezzata di prezzo: non mi pare che Soave e Gambellara siano calati in modo analogo e così gli altri vini.

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  6. @Mauro. Hai ben delineato il problema, a mio avviso. E questo è uno dei temi fondamentali del comparto agricolo. Il buono vale poco senza il giusto (per il pulito rimandiamo ad altra, molto futura data). Ce n'è da lavorare...

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  7. Ho incontrato Francesco Winspeare, proprietario della Cantina Castel di Salve,nel Salento, lui mi ha raccontato quanto sia stata difficile questa vendemmia: piogge frequenti nell`ultima decade di giugno hanno reso difficile la gestione del vigneto per via degli attacchi peronosporici in tutta l`area salentina, nonostante questo non alzeranno i prezzi dei loro vini..un buon esempio a mio avviso!

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  8. Grazie del contributo, ma non credo proprio ci sia spazuio per aumentare prezzo ai vini in questo momento, peronospora o no.

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