29 dicembre 2009

Bordeaux, la finezza delle vecchie annate

Angelo Peretti
Come d’abitudine, a cavallo fra Natale e Capodanno, mi son cimentato in una degustazione (a tavola) di vecchie bottiglie di Bordeaux. Ormai è qualche anno che il rito si ripete. Stavolta, n’ho stappato una piccola miscellanea presa di cantina. Un’escursione fra diverse appellation e annate. La più vecchia un 1959, la più giovane un 1988. E t’accorgi - o almeno quest’è la mia impressione, confermata però più volte - di come con lo scorrere degli anni sia andato cambiando lo stile, passando dalla ricerca della beva e della finezza e della freschezza all’accentuazione della concentrazione, strizzando magari l’occhiolino al mercato americano.
M’è capitato spesso di dire che amo i Bordeaux pre-parkeriani, quelli che ancora non erano costruiti per i bevitori a stell’e strisce. E una specie di linea di demarcazione in genere mi pare la si possa tracciare fra l’85 e l’89. Ma forse mi sbaglio, ché non sono questo grand’esperto di rossi bordolesi.
In ogni caso, ogni volta rinnovo lo stupore per come Bordeaux sappia (abbia saputo) darci dei rossi che valicano i decenni con nonchalance, mantenendo freschezza e bevibilità succosa anche dopo trenta, quaranta, cinquant’anni. Talché un vino di venti-venticinque anni ti vien da dire che è troppo giovane. E domando: ma dove altro al mondo si può dir lo stesso?
Oppure, anche da noi c’è qualche rosso che supera le decadi, ma è appena un’eccezione, un voce che parla nel deserto. Dalle vigne e dagli château bordolesi ce n’arrivano decine e decine di vini del genere. E non occorre per forza andare a cercare le case famose, le etichette del mito, quelle che ti ci vuole un mutuo. Si può bere strabene anche con trenta-quaranta euro. Avendo la pazienza di cercare, di analizzare, di comparare. E parlo di bottiglie che han già la loro bell’età, mica di annate recenti.
Giusto a mo’ di diario, ecco qui sotto qualche annotazione delle bottiglie stappate stavolta. In ordine di apparizione, dalla più datata alla più giovinetta, se così si può dire.
Haut-Médoc 1959 Château Le Bourdieu
N’ho già potute stappare tre bottiglie di questo vino, e tutt’e tre le volte lo stupore è stato il medesimo, verificandone l’integrità e la freschezza. E ha cinquant’anni. Colore rubino, tannino tuttora ben saldo, freschezza considerevole. Mirtillo. Vene di liquirizia. Beva.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Saint-Émilion 1976 Château Lassegue
Ecco, questi sono i Bordeaux che adoro. Quelli che appena aperti ti sembrano piccolini, e invece poi col tempo ti stupiscono per la finezza e l’eleganza. Da subito, ha tracce vegetali. Poi arriva la fragolina. Di poi la liquirizia. Infine il cioccolato al latte. Il tutto come in un acquerello. Splendido.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Margaux 1978 Château Deyrem-Valentin
Classicamente Margaux con quel suo tannino vellutato. Conserva, dopo trent’anni, una compattezza di tutto rispetto, e ti vien voglia di dire che è ancora giovane da stappare. Memorie terrose intridono il fruttino di bosco. C’è bella freschezza.
Due lieti faccini :-) :-)
Graves 1983 Château Carbonnieux
Per me, un altro classico. Il Carbonnieux rosso (allora era Graves, oggi, se non sbaglio, Pessac Leognan) dell’83 è stato il primo Bordeaux di cui mi sia innamorato, anni fa. E col passare del tempo mantiene le promesse. Ha grandissima freschezza. Dico una bestialità se affermo che si sente l’anima sostanzialmente bianchista - quasi un marchio di fabbrica - di questo château?
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)
Margaux 1985 Château du Tertre
La potenza. Denso già nel colore, ha frutto compatto e tannino fitto e freschezza invidiabile e vene di terra. Un rosso ancora giovanissimo.
Due lieti faccini :-) :-)
Margaux 1988 Château la Gurgue
Compatto e concentrato, ma non per questo privo di beva. Impressiona per il carattere, la personalità. E il velluto. Sfoggia eleganza considerevole. Ed è molto, molto giovane, e promette una felice evoluzione futura, per chi n’avesse bottiglie in cantina.
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)
Haut-Médoc 1988 Château Lanessan
Eccola qui la linea di demarcazione, il confine. Fra i Bordeaux della classicità e quelli della modernità. Cupo nel colore, fitto nella trama tannica, eppure anche fresco, questo rosso guarda un po’ al passato e un po’ al presente. Alla lunga, dopo ore dalla stappatura, è ancora sorprendentemente nervoso, ed anzi esprime sentori decisamente vegetali che accompagnano il frutto rosso e il cioccolato.
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)

5 commenti:

  1. mi sono preso del BASTARDO da una nostra comune amica, per aver partecipato a questa degustazione...

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  2. purtroppo io non ho potuto partecipare per impegni precedenti. Comunque anche noi ci siamo difesi ... sarà per il prossimo anno

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  3. @Max. Bastardo come? Perché non hai esteso l'invito anche a lei? In tal caso, rimedieremo alla prossima.
    @Mauro. Non ho dubbi che tu ti sia difeso. Autoeducarsi al piacere è cosa ottima.

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  4. Caro Angelo,
    che Bordeaux abbia anche cambiato profilo ai suoi vini per corteggiare il mercato americano è condivisibile ed in fondo un dato di fatto. Ricordiamoci, però, che Bordeaux ha sempre corteggiato il mercato, inteso come gusto, da sempre, però, a ben guardare, senza mai vender l'anima al diavolo. Per sostenere la tua tesi, però, hai scelto lo chateaux sbagliato. Lanessan è un vino che non ha mai seguito nessun gusto se non il suo carattere fiero, quasi rude, di Haut-Medoc d'antan. E' vino che amo immensamente e il cui terroir ha una potenzialità degna di un secondo cru; peccato producano abbastanza... nonostante ciò, come puoi constatare, ha profondità da vendere. La finezza non è il suo forte, ma di Haut-Medoc così forse è rimasto l'unico. Averne la cantina piena... Ciao
    Alvaro Pavan

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  5. @Alvaro. Penso allora che cercherò di riempire la cantina di Lanessan. Grazie delle informazioni.

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