14 dicembre 2009

Perché i giornalisti non scrivono di Moscato?

Angelo Peretti
Ci ho pensato su, prima di scrivere. Perché è noto che non ho la vis polemica d’un Franco Ziliani e neppure la profondità d’analisi sociologica d’un Luciano Pignataro, giusto per dire di due giornalisti & blogger che stimo e che seguo on line. Però alla fine non mi son potuto sottrarre. Perché l’interrogativo è intrigante.
L’interrogativo è questo: “Perché i giornalisti non scrivono del Moscato?”
Non me lo pongo io. Ce l’hanno posto, al drappello di noi giornalisti presenti all’affollatissima e non indimenticabile cena di virtuale apertura dell’Anteprima Moscato 2009, a Mango, il sindaco della cittadina, e poi il presidente del Consorzio di tutela astigiano, e poi un politico credo regionale. Lagnandosi, i tre, che dietro al sistema moscato (uva) ci sta un’intera economia di cinquantadue comuni, e che dunque bisogna sostenerla, quest’economia, scrivendone (bene). E invece i giornalisti, a sentir loro, non scrivono di Moscato (vino). “Perché mai?”, si domandano.
La risposta temo che sia una sola: perché loro non ci credono. Loro gli astigiani, intendo, mica i giornalisti. Al Moscato non ci credono. Semmai credono all’Asti, lo spumante, e forse neanche del tutto a quello.
Inutile dire di crederci a parole, e fare magari convegni e dibattiti. Bisogna crederci coi fatti. Anche coi piccoli fatti. Come una cena.
Bene: a quella cena, al castello di Mango, c’erano, credo, più di centocinquanta persone. Politici, amministratori, produttori, giornalisti e blogger. Di giornalisti ce n’erano, mi pare, almeno una ventina, se non di più. Di Moscato, invece, neanche l’ombra fino alla fine, quando ce n’hanno dato un calicetto che neppure ti ci bagnavi la bocca. Ebbene sì: alla cena di gala della vigilia dell’Anteprima del Moscato ci hanno fatto bere Dolcetto, Barbera, Nebbiolo e Barbaresco. Tutti rossi. Niente Moscato. Relegato al ruolo di complemento di secondo piano, al momento del dessert. Che è forse la collocazione peggiore.
Lo dice uno che il Moscato lo ama anche come aperitivo, e talvolta, d’inverno, se lo porta pure in tavola. Una sera di queste, per esempio, ho messo in tavola pane caldo e quattro formaggi francesi di capra. E ci ho bevuto assieme un Moscato d’Asti, sissignori, ed era una delizia. E spesse volte stappo il Moscato col prosciutto crudo, ed è un’altra meraviglia.
Ecco: è coi fatti che si dimostra di crederci, al Moscato, mica con le parole. Ed a Mango ci hanno dato parole, ma non Moscato. Se noi giornalisti eravamo là, magari non era per fare una gita. Magari era perché ci interessa il Moscato, ne siamo curiosi. E vorremmo bercelo, mica solo assaggiarlo nella degustazione ufficiale, quando sei là che lavori e sputi tutto dopo averlo tastato. Vorremmo bercelo in tavola, simpaticamente, chiacchierando. Se c’interessasse bere Dolcetto, Barbera, Nebbiolo o Barbaresco mica andremmo all’Anteprima Moscato, o no?
Allora che serve domandarsi perché i giornalisti non scrivono di Moscato, quando la risposta è semplicissima? Il territorio non dimostra di crederci, e allora perché ci dovrebbero credere gli altri? Suvvia, moscatisti, abbiate orgoglio maggiore.

3 commenti:

  1. Ho un amico, in quel di Mango, che stà sperimentando una Bollicina di Moscato, vinificato secco con Metodo Classico...
    Te ne farò avere una bottiglia.....
    http://www.tranchero.it/index.php?op=prodotti&id=9

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  2. Attendo con piacere. Moscatista forever.

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  3. Ho di recente assaggiato il Metodo classico di Cascina Fonda - Mango. Superlativo. Mi ha fatto ricredere sul Moscato, che non è solitamente nelle mie corde. Da Bere con il foie gras, con gli erborinati. Splendido. Conosci?
    Qui ne scrivo: http://tinyurl.com/yf55zbr.
    Auguri!

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