Angelo Peretti
Sì, lo so che chi mi legge abitualmente qui su InternetGourmet conosce la mia passione per la capsula a vite, lo screwcap, lo Stelvin, che non mi piace chiamar tappo. Ma figuratevi se mi perdo quest'occasione per riparlarne. E l'occasione è il numero di dicembre di Wine Spectator, quello della top 100, dei cento vini dell'anno, classica discussa e magari anche discutibile, ma indubbiamente referenziale, se la rivista americana ha tutti 'sti lettori che continuano a comprarla.
Ebbene, nel suo editoriale sull'uscita decembrina di WS, Matt Kramer scrive un pezzo che s'intitola: "My Wines of the Year", i miei vini dell'anno. E siccome Kramer è uno che non si può chiamar convenzionale, ecco che indica non già dei vinoni irraggiungibili (e imbevibili, ma quest'è osservazione mia), bensì delle bottiglie dalla buona beva e dal prezzo all'insegna dell'umanità. Questi, in ordine di apparizione: Serge Batard Hélo Le Rouge 2008, Pieropan Soave 2008, Bruna Grimaldo Barbera d'Alba Scassa 2008, Saucelito Canyon Vineyard Zinfandel 2007.
Ordunque, due italici, un francese e un californiano, a costi accessibilissimi tutt'e quattro.
Solo che mi pareva che qualcosa non andasse: ma come, Soave e non Soave Classico per il 2008 di Pieropan? Strano, ché Kramer è sempre così puntigliosamente corretto.
Allora leggo, e capisco: si dice nel pezzo che Pieropan per il suo 2008 ha scelto per la prima volta la chiusura con lo screwcap, con la capsula a vite, e questo spiega perché la designazione è Soave invece che il più prestigioso Soave Classico come accadeva nelle annate precedenti. Aggiunge infatti bene Kramer che le regole italiane proibiscono le chiusure diverse rispetto al tappo raso per il Soave Classico, ma che - "benvenuta la flessibilità italiana", e quest'è inciso suo - la legge consente anche una chiusura "non-cork" per quello che vien detto "soltanto" Soave.
Che questa sia un'anomalia legislativa tutta italiana, è vero: chi in etichetta scrive Classico (mica solo per il Soave: vale anche per tutti gli altri Classici, come il Valpolicella o il Bardolino) non può utilizzare altro che il tappo raso, ed è assolutamente e completamente assurdo. Ma che i Pieropan avessero cominciato a imbottigliare con lo screwcap, rinunciando al Classico, mi è giunta come notizia tutta nuova. E sì che son veronese e che m'occupo di vino, e che a Soave ci sono spesso e che considero Nino Pieropan un autentico genio bianchista (il Calvarino per me è un mito, sta nella leggenda) e che i suoi vini li bevo spesso e molto, molto volentieri. Ma il suo Soave base l'ho sempre trovato indicato come Classico anche quest'anno, santo cielo! E come tale lo presenta tuttora anche il sito internet dell'azienda.
E allora?
E allora navigando in rete, ecco che ho trovato un comunicato di Liberty Wines, il referenziatissimo e potentissimo importatore londinese di Pieropan. Titolo: "Pieropan turns the screw on Soave", che è una sorta di gioco di parole, che volendo, si può tradurre sia come "Pieropan gira la vite sul Soave", ma anche "Pieropan si converte alla vite sul Soave". Avvisa che l'azienda soavese ha deciso d'imbottigliare il suo 2008 con lo Stelvin e che dunque il vino, sinora denominato Soave Classico, non avrà più la dicitura, appunto, di Classico. Il testo prosegue raccontando che "sebbene sia stato un sostenitore dello Stelvin sin dal giorno in cui ha assaggiato il Mount Horrocks Riesling nel 2001, a Nino Pieropan era precluso dalla legge italiana d'imbottigliare il suo Soave Classico con lo screwcap ed era riluttante d'abbandonare la denominazione del Classico, perché la sua azienda era stata la prima a imbottigliare un vino chiamato Soave nei primi anni Trenta". Il comunicato prosegue informandoci che "tuttavia, Nino ha continuato a sperimentare lo screwcap e, assieme ai figli Andrea e Dario, ha deciso che adesso per la famiglia Pieropan è il momento di declassare la denominazione in modo da poter passare allo Stelvin con la vendemmia 2008". S'attribuisce ad Andrea la frase seguente: "Il Regno Unito, gli Stati Uniti e l'Australia riceveranno tutta l'assegnazione del 2008 chiusa con lo screwcap".
Bene, dico io, che, appunto, sono un fan dello Stelvin. Male, dico io, constatando che la cosa evidentemente vale solo per il mercato estero, e addirittura in Italia non mi risulta se ne sia fatta parola: è un'occasione perduta, a mio avviso, per fare cultura in patria. Insomma: si fa ma non si dice, si passa allo Stelvin ma solo per il mercato estero di lingua inglese. S'imbottiglia come Soave Classico per l'Italia e come Soave per i foresteri. Peccato: col marchio Pieropan in etichetta, personalmente preferirei di gran lunga svitare un Soave che stappare un Soave Classico. Perché a me, italiano, dev'essere precluso?
Capisco che vender vino in capsula a vite in Italia è impresa titanica, visti gli sciocchi pregiudizi correnti, ma se le grandi firme non danno il buon esempio, quando lo capiranno mai i nostri ristoratori ed enotecari e bevitori?
E' vero! E' vero!
RispondiEliminaDa grande sostenitore del tappo a vite non posso che quotare ogni singola parola di questo tuo fondamentale post.
A proposito di comunicazione, una scelta del genere va detta, va fatta sapere soprattutto a Soave! Il Consorzio lo sa? Gli altri produttori ne sono a conoscenza? E' importante.
Viva il tappo a vite.
il Consorzio si perde dietro queste cose, col tappo a vite...
RispondiEliminahttp://undiwine.typepad.com/soavemente/2009/11/s%C3%AC-soave-un-brand-un-consorzio-portano-in-usa-il-territorio.html#more
Temo che la questione della capsula a vite sia vista con qualche fastidio nel mondo del vino italiano: perdere tutto questo tempo per convincere ristoratori, enotecari, albergatori, consumatori... Invece sarebbe importante, soprattutto per chi fa vini bianchi.
RispondiEliminaDella scelta di Pieropan si sapeva da tempo. Credo che Angelo abbia ragione quando parla di "fastidio" è una scelta difficile. Un plauso perciò al coraggio di Nino Pieropan!
RispondiEliminaSi sapeva, ma non l'ha comunicato, Maria Grazia. O meglio, la comunicazione l'ha data il suo importatore, ma solo per l'estero. Perché nel mondo del vino anche i grandi nomi (e Pieropan lo è, a tutti gli effetti) fanno così fatica a comunicare?
RispondiEliminaSecondo: perché la scelta di uscire in Stelvin solo all'estero? Perché non dare ai consumatori italiani la possibilità di scegliere fra la chiusura tradizionale e quella Stelvin?
Io, ovviamente, avrei comprato volentieri la seconda, se ne avessi avuto l'opportunità.
In tanti sapevano, i Pieropan non l'hanno detto, avranno un valido motivo se non l'hanno comunicato ai media Italiani, del resto la riservatezza dei Pieropan è risaputa e hanno ragione, in tanti suonano le campane,magari stonate; il bel tacere non fu mai scritto, e la curiosità è chiaccherona. Dimenticavo lo Stelvin piace anche al sottoscritto. Mepa
RispondiEliminaPremesso che appartengo anch'io allo Screw cup's Fan Club, e quindi plaudo alla decisione di Nino, mi permetto una lettura un po' cattiva di questo fatto: il Soave è in crisi, decisamente in crisi. Al punto che non ci si può permettere di rischiare di non vendere nemmeno una bottiglia, soprattutto in un mercato di vitale importanza come quello americano. Qualche anno fa un punto di riferimento imprescindibile della Doc come Nino Pieropan non si sarebbe certo sognato di rinunciare alla dicitura "classico", per accontentare l'importatore di turno. Ma i tempi sono cambiati. Speriamo solo che la prossima richiesta che gli faranno non sia di uscire dalla Doc, rinunciando anche alla dicitura "Soave", per spingere solo il suo brand, come fece tempo addietro Roberto Anselmi...
RispondiEliminaL.
@Paolo (Mepa). Vero, conosciamo la riservatezza di Nino e della famiglia. Ma Nino è un leader, e pertanto le sue azioni sono inevitabilmente di insegnamento o di monito. Per chi ha il timore di tentare l'avventura dello Stelvin e per i ristoratori e gli enotecari che ancora ottusamente rifiutano l'impegno a presentarlo alla clientela, rendere pubblica l'iniziativa targata Pieropan poteva e può servire. Nel bene. Il bene anche del Soave. Abbattendo barriere psicologiche.
RispondiEliminaMi auguro che Nino vinca la sua ritrosia, la sua riservatezza e parli apertamente della sua scelta. Che sarà anche dettata da logiche commerciali - e non è certo né una colpa, né un male: il vino lo si deve vendere, mica solo produrre -, ma è, appunto, una scelta. Una scelta importante.
@Lizzy. Lo so, abbandonare il Classico è dura, ma non è - o non credo lo sia - solo questione di accontentare l'importatore di turno. Può essere anche un segnale, quello della necessità di dare una svolta a certe assurdità legislative tipicamente italiane nel settore del vino. Quelle che per esempio vogliono il tappo raso quando c'è scritto Classico. Quelle che, per fare un altro esempio, vogliono che passino sei mesi prima di mettere in commercio una bollicina charmat, che invece andrebbe bevuta nell'immediatezza, nella freschezza, nella giovinezza (altrimenti, tanto vale usare il metodo classico, o no?).
ma scusate mi sembra che tutto ruoti attorno al vestito senza pensare cosa c'è sotto..
RispondiEliminami spiego: Pieropan può anche ritenere secondaria l'appellazione "classico" tanto il suo Soave lo conoscono tutti , secondo me il problema è che l'importatore gli ha imposto il tappo a vite perchè nei paesi anglosassoni non si è trendy se non sviti un tappo, purtroppo nella nostra storia sappiamo benissimo cosa rappresentasse il tappo a vite ( il supermercato il bottiglione etc etc.) in un mondo che globalizza , scusate ma io preferisco stappare una bottiglia con tutto il suo rituale che fa di una apertura della bottiglia un momento di cultura di riflessione,di gestualità, un momento in cui fermarci e riflettere sulla bontà di ciò che si andrà ad assaporare.
Secondo me Pieropan non ha aggiornato il sito e di questo gliene sono grato, proprio perchè non ci teneva far conoscere questa notizia....
@Anonimo. Ognuno può farsi piacere i riti che vuole. Chi ama la ritualità del tappo in sughero, faccia. A me pe esempio piace la gestualità e la praticità dello Stelvin. Gradirei mi si permettesse di praticarla. E poi amo i vini bianchi, e un bianco in Stelvin, generalmente, lo trovo parecchio più affascinante dello stesso vino in sughero. Ma, ripeto, ognuno è libero di pensarla a modo suo.
RispondiEliminaCi sto se devo aprire un vecchio millesimo, ma secondo me oggi "con tutto il suo rituale... il momento di cultura di riflessione, di gestualità, un momento in cui fermarci e riflettere sulla bontà di ciò che si andrò ad assaporare" è anacronistico come se ci si stesse riferendo all'accensione di un'autovettura con la manovella.
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