9 marzo 2010

Ma per la cucina la parola d'ordine è "rassicurare"

Angelo Peretti
Che ci sia la crisi magari qualcuno si sforza per farci intendere che non è vero, e invece è vero sì. Ce n'accorgiamo tutti che ci tocca . chi più, chi meno - tirar la cinghia. E tra le categorie che se n'accorgono c'è anche quella de' ristoratori, che vedono i tavoli sempre meno affollati. Del resto, se non c'hai quattrini, la prima cosa che tagli è la cena fuori il fine settimana.
Orbene, è evidente che in un simil contesto la categoria ristorativa si trova un po' spaesata, e molti non sanno a che santo votarsi. E qualcheduno dei miei amici ristoratori s'è votato anche a me, che santo proprio non sono, limitandomi all'aver nome di Angelo.
Insomma, mi si domanda come avrebbe da essere una cucina che oggi sappia cogliere le attenzioni dei residui buongustai. Ovvio che formule magiche non ne ho, ché se le avessi magari farei il ristoratore anch'io. Però una mia idea la illustro. Ed è questa: la cucina d'oggi ha da essere in primis rassicurante.
Viviamo tutti nello stress che più stress non si può. Cosicché quando ci si siede finalmente al tavolo d'un ristorante lo stress lo si vorrebbe tagliar fuori. Ma cert'invenzioni di cucina degli ultimi anni sono invece ansiogene, con quei loro cerebralismi e tecnicismi schiumettosi e sifonati. Una cucina che non ti rilassa, che non ti mette a tuo agio. Magari buonissima, splendidamente tecnica e perfino saporitissima, ma che necessita di pensare, di meditare, di capire. E allora no, allora rinunci. Relax ci vuole, e rassicurazione.
Cosa intendo? Intendo che non è il momento dei cerebralismi, ma della solidità radicata nella tradizione, nei gusti di casa, nelle memorie affettive. E dunque è l'ora d'una cucina che sia, appunto, cucina. Leggera e di sostanza insieme, ben presentata ma senza vezzi artistoidi. Che non induca a pensrci troppo su. E mica vuol dire far cucina d'osteria, nossignori. Piuttosto, vuol dire ripescare nella classicità, nella tradizione vera - popolare o borghese che sia - e nel riproporla con la mediazione delle migliori tecniche d'oggidì.
Sia gloria a una grande e soavissima pasta e fagioli, a un vitello tonnato di grande materia, a un arrosto che doni fragranza e leggerezza. Giusto per dire. Rivisti e reinterpretati fin che si vuole. Ma riconoscibili. Senza destrutturazioni cervellotiche e schiumosi funambolismi. Con sostanza, invece.
Rassicurare in primis: che il vitello sappia di vitello, che il gambero sappia di gambero. Se vi par poco.

1 commento:

  1. pienamente d'accordo con lei,sugli argomenti elencati,
    relax,gusto,leggerezza,potrà apparire una provocazione
    la mia,ma la Ristorazione deve ritornare a cucinare, e
    non solo a cuocere,ci sarà pure chi contesterà questa
    mia tesi,ma questa cosa deve farci riflettere,perchè è
    pura verità,seppur i tempi di attesa non sono quelli...
    di un tempo.

    Lino - c.

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