16 marzo 2010

Monte Ceriani: la garganega, la mineralità, la personalità

Angelo Peretti
Capiamoci: la garganega questi scherzi te li fa. Soprattutto se l'uva - quest'uva che ha fatto grande il Soave - viene da collina alta, da suoli difficili, e magari - magari! - se ne estrae tutto, anche l'anima. Lo scherzo te lo fa, ché ti sembra sempre di sentirci il legno, il rovere, il tino, e invece vedi poi che è tutt'acciaio.
Ecco, il Monte Ceriani è un Soave di quelli in cui l'anima malandrina della garganega ti può giocare scherzi di questo genere, ché ti vien da dire che è bianco che ha visto legno e invece è tutt'acciaio, e se non ti rassicurano che è proprio proprio soavese, magari ti vien perfino da pensare a qualche chardonnay borgognone o giù di lì.
Il Monte Ceriani è il Soave dei fratelli Castagnedi della Tenuta Sant'Antonio. Famosi per i rossi, ma sempre più attenti alla garganega bianchista. Ceriani è località in comune di Colognola ai Colli, duecento metri d'altezza, piante trentenni, coltivate a pergola. Leggo che si vinifica in acciaio, ovviamente a temperatura controllata, e si fa pressatura soffice e si lavora in riduzione, saturando coll'azoto, e si fa batonnage sempre nell'inox fino ad aprile con dei miscelatori fatti apposta. Insomma: si cava fuori tutto quel che si può cavare dalle fecce, quelle che s'usan definire fini.
Che se ne trae? Se ne ricava un bianco che è uno schiaffo in faccia a quelli che non credono che esista il concetto di mineralità del vino. E come te li spieghi, allora, quei sentori di grafite (mai usata una matita?), di selce (mai provato a picchiarla col martello?), insomma, quei toni che non sono né frutto, né vegetalità, né animalità? E dunque vien da doire che sono mineralità di terroir.
Ecco: se cercate bianchi minerali, provate il Soave Monte Ceriani. Vino mica di quelli facili e piacioni, nossignori. Bianco che t'impegna e ti sfida.
Ora, di questo bianco dei Castagnedi ne ho potute stappare, una in fila all'altra, le ultime tre annate uscite sul mercato: il 2008, il 2007 e il 2006. Trovandole l'un l'altra in sintonia. E sempre con quei mineralismi che ne marcano il passo. Coll'ultima annata che prende il volo.
Adesso dico comunque un po' meglio com'è andata.
Soave Monte Ceriani 2006 Tenuta Sant'Antonio
Ci vuol tempo e pazienza perché nel bicchiere la florealità si faccia spazio dietro e dentro a quelle memorie minerali così intense. E c'è nota di fieno, e di frutto giallo. In bocca è assieme polpa e anche freschezza quasi salina. E c'è considerevole lunghezza materica. Con quel frutto che rotola, sospinto dall'acidità. E un assieme che evoca il burro. Vino di sostanza, di carattere, ma anche d'eleganza.
Due lieti faccini :-) :-)
Soave Monte Ceriani 2007 Tenuta Sant'Antonio
L'impronta minerale predomina all'olfatto, costante. Ci avverti, sotto, il fiore giallo, che ancora deve farsi largo. In bocca, la freschezza è vibrante, scattante, a tratti quasi tagliente. Il frutto è denso. Tropicaleggiante: papaja, mango, ananasso. La polpa fruttata è persistente, lunghissima, quasi masticabile. Anche qui è dunque sostanza, ricca.
Due lieti faccini :-) :-)
Soave Monte Ceriani 2008 Tenuta Sant'Antonio
Direi ch'è l'annata più completa, e anche quella dove la garganega si fa più riconoscibile. Inconfondibile all'olfatto con quel suo fruttato così netto. Con quel frutto giallo stramaturo - intendo - e quasi macerato. E il fiore essiccato. E il minerale, consueto, che vi s'interseca. La bocca è esplosiva di frutti e di freschezza. C'è la polpa usuale e la lunghezza.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)

Nessun commento:

Posta un commento