22 maggio 2010

Bordeaux 2009: non capisco

Angelo Peretti
Mumble, mumble: dicono così i personaggi dei fumetti quando sono pensierosi. Ecco, è il mio stato d'animo ora che ho letto alcune recensione delle degustazioni en primeur dell'annata 2009 a Bordeaux e dintorni. Oh, no: non capisco. Non capisco, intendo, se ci debba preparare ad aprire il portafoglio per prenotare vini indimenticabili, oppure se sia meglio andarci cauti.
Cerco di spiegarmi con qualche citazione.
Comincio con Decanter, la rivistona inglese. La copertina del numero di giugno, appena arrivato in edicola, parla chiaro: "Bordeaux 2009. La migliore annata della mia vita". L'affermazione è di Steven Spurrier, che firma il servizio interno. Che ha un titolo ancora più perentorio: "Bordeaux 2009: il migliore di sempre". Accidenti!
Il pezzo di Spurrier comincia così: "Molti degli châteaux di Bordeaux - e succede che io sia d'accordo con loro - sono dell'opinione che il 2009 sia stata la migliore annata che la regione abbia mai avuto". Mica male, come esordio.
Più avanti c'è il raffronto col 2005, che già fece gridare al miracolo la critica anglo-americana: "La comparazione col 2005 è stata inevitabile, con l'opinione generale che mentre il 2005 era un'annata più strutturata, il 2009 aveva più frutto, essendo inoltre il maggior livello di alcol bilanciato da una notevole freschezza fornita dall'acidità naturale e la potenzialità d'invecchiamento garantita dai più alti livelli di tannini mai registrati prima a Bordeaux".
Ancora le parole di Spurrier: "Di fatto, solo in casi molto rari l'alcol e i tannini si affermavano nel bicchiere - le annotazioni più frequenti che compaiono nei miei appunti sono fragranza, purezza, profondità e armonia".
Insomma, un quadro generale di quelli che ti fan venire la voglia di prenotare i vini prima che escano sul mercato.
Poi però ho letto anche qualcosa di italiano. Di qualche collega italico che è stato alle degustazioni bordolesi, intendo, e la convinzione della super annata mi si è un po' offuscata.
Ernesto Gentili, sul blog co-prodotto con Fabio Rizzari (i due son quelli della guida de L'Espresso, per chi non li conoscesse), scrive così: "Il millesimo 2009 si preannunciava tra i più riusciti del nuovo secolo, in grado di rivaleggiare con il superbo 2005, e non ha in effetti deluso le aspettative. Anche se si può sinteticamente affermare che, nel confronto, presenta minore omogeneità complessiva e, per contro, un maggior numero di eccellenze assolute. Se infatti nel 2005 tutti i vini si sono collocati su un piano più alto dello standard consueto, così non è avvenuto nel 2009. Alcuni château sono risultati più convincenti addirittura nei millesimi 2008 e 2006, ma in nessuna delle annate recenti il gruppo dei vini migliori aveva raggiunto una così elevata espressività in questa fase".
Insomma, per Gentili bisogna distinguere tra i vip delle varie appellation e gli altri produttori. Mica è tutt'oro, dunque. Infatti, ecco cosa aggiunge: "Al di là di tali esercitazioni statistiche, il 2009 si propone come un millesimo dotato di tutti i presupposti necessari per realizzare vini di assoluto spessore, ma dove la differenza reale tra i migliori e il resto del gruppo non è solo da ascrivere al diverso potenziale dei singoli terroir ma anche alla capacità, talvolta quasi artistica, del vinificatore di miscelare adeguatamente i vari ingredienti a sua disposizione".
Mmh, e allora con la storia del terroir come la mettiamo, se è la capacità del vigneron - o meglio, del cantiniere - a prevalere?
Terza lettura: Alessandro Masnaghetti e la sua Enogea. Dice il Masna: "Se dopo tanti anni di onorata e alcolica manovalanza penso ormai di aver capito che cosa si intende per annata piccola, qualche problema continuo ad averlo con la grande annata, o peggio ancora con l'annata del secolo o eccezionale che dir si voglia (come alcuni definiscono per esempio il 2009 a Bordeaux)". E la prudenza dell'incipit fa pensare che Masnaghetti sia mica tanto d'accordo sull'annata memorabile.
Gli è che più avanti fa il raffronto fra le valutazioni date (da lui) ai vini del 2005 e a quelli del 2009, e viene fuori che "seppure di poco", c'è "una leggera supremazia del 2005 sul 2009". "Resta perciò da capire come mai, secondo alcuni, il rapporto di forze sia invece esattamente il contrario", riflette il capo di Enogea, e fa due ipotesi. La prima è che "potrebbe essere la presenza di alcuni vini talmente buoni da risultare hors categorie". Fuoriclasse, insomma. La seconda "potrebbe invece essere l'eterna confusione che c'è fra il tanto e il buono e tra l'annata 'grande' e l'annata 'grossa'. Se il 2009 - aggiunge - sarà un'annata 'grande', solo il tempo potrà dirlo, che sia spesso un'annata 'grossa', almeno per i miei parametri, credo che sia un dato incontestabile".
Urca, allora bisogna andarci davvero cauti.
Ma ne riparleremo, credo, perché Spurrier ha scritto dell'altro.

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