20 novembre 2010

Fate il vino come piace a voi!

Angelo Peretti
Ecco, questa qui è un'esortazione che sottoscrivo in toto. L'ha pronunciata Carlin Petrini, fondatore di Slow Food, al Salone del Gusto. Rivolto ai vignaioli, ai produttori di vino: "Fate il vino come piace a voi, alle vostre famiglie, ai vostri figli, alle economie dei vostri territori. E, tutto questo, è ben più importante di ogni valutazione al mondo!"
Parole sacrosante. Che, se ascoltate, potrebbero segnare - finalmente - la svolta. E la svolta può passare solo da qui: da una presa di coscienza dei vigneron. Perché tornino, soprattutto, a fare il "loro" vino. Credendoci, Seguitando a crederci anche quando pare che il "mercato" (ma esisterà davvero questo dio onnipotente che chiamano mercato?) vada in un'altra direzione. Restando invece fedeli al territorio, alla cultura d'una comunità, al senso d'appartenenza: insomma, al proprio terroir, che è fatto di terra, di vigna, di clima, certo, ma soprattutto di donne e di uomini, di scienza e di coscienza.
Ecco, questo serve: applicare la scienza, ma ritrovare coscienza. E coerenza. Senza asservirsi alla mode, alle tendenze, ai dettami della critica.
E dunque basta con l'infatuazione per i modelli d'importazione, basta con le concentrazioni marmellatoso-alcolico-tanniche, basta con l'asservimento alle valutazioni centesimali (o ventesimali o quel che volete), basta con una scala di giudizio che sembra essere Vangelo e invece è tante volte solo autocelebrazione del valutatore, ammesso (e tavlvolta non concesso) che questo valuti con conoscenza e con autentica libertà di giudizio, scevro cioè da interessi che non siano quelli d'informare il lettore, libero da sponsorizzazioni, da diktat editoriali.
Basta anche con l'usa e getta dei vitigni ad ogni stormir di fronda delle "nuove tendenze". Basta con l'inseguimento della chimera tecnologica, convinti che la tecnologia porti in dono quanto non si è saputo trarre dalla vigna e dalla terra. Basta con lo spreco della terra, col suo massacro.
Basta, però, anche con l'inseguire i venditori di fumo, basta coi tentativi d'accaparrarsi la recensione a suon d'ammiccamenti promo-pubblicitari. Basta, per favore.
Che si torni a far vino che sappia a suo modo parlare di territori, di persone, di storie, di sentimenti, di tradizioni, di emozioni, di sacrifici, di gioie, di dolori, d'umanità. Sennò tanto vale dedicarsi ad altro.
Cone ha scritto di recente Matt Kramer su Wine Spectator, "it's all about authenticity", è tutta questione di autenticità. Ecco: torniamo ad essere autentici. Come persone, intendo, prima di tutto. Il vino che verrà, sarà la conseguenza.

5 commenti:

  1. Condivido in pieno.

    Da quando faccio i vini che piacciono a me, non solo sono più sereno ma soprattutto li vendo con meno difficoltà e, in un periodo come questo è cosa molto buona.

    Inoltre i miei agenti che hanno sposato la ns. filosofia produttiva, spingono più volentieri il vino e raccolgono più ordine.

    Come già detto su questo blog, la coerenza non è mai fuori moda.

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  2. Bravo Stefano. A questo punto, urge che io assaggi i tuoi vini nuovi.

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  3. Mah, caro Angelo,
    non è forse assodato che il vino riflette chi lo fa? Quindi se finora il vino è stato fatto in una certa maniera, ergo, guardando o inseguendo esclusivamente il mercato, è il caso di domandarsi che razza di vignerons abbia questo nostro Paese. Personalmente, ho sempre creduto che le cose che si fanno debbano piacere prima di tutto a noi stessi, se così non è stato è semplicemente desolante constatarlo. A volte, mi sembra che i nostri cugini francesi siano un altro pianeta. Basti vedere l'ultimo numero della RVF e il servizio sull'uso di botti usate e relative cantine, e metterlo a confronto con le immagini delle cantine dei nostri produttori tappezzate di legni immacolati e condizioni asettiche che nemmeno in ospedale...O sbagliano tutto i nostri cugini o forse, verosimilmente, stiamo sbagliando tutto noi. Seve meditazione, forse...
    Ciao,
    Alvaro Pavan

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  4. Concordo in pieno, Alvaro. E mi piace che tu citi l'articolo della Revue du Vin, sul quale credo mi soffermerò nei prossimi giorni.

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  5. Buongiorno Signori.Secondo me l'importante in questo periodo di decrescita è comunque il riconoscersi in quello che si fà.L'essere eticamente corretti e il comunicare i propri principi, senza compromessi, paga di più..a lungo andare.Il salutismo del vino attraverso la dichiarazione di quanti solfiti e di quanto rame metallo residuo (cancerogeno) contiene è MOLTO apprezzato dai clienti finali.Del resto io convivo tutti i giorni con il mio vinino quotidiano. Lui è alimento, ricordo, sensazione, riflesso della vigna che si vede nel bicchiere. Guai non fosse così.
    SALUTE!
    Carlo Sitzia

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