8 novembre 2010

Non illudiamoci: la vita non è più en rosé

Angelo Peretti
In Italia siamo fatti così: si scopre che sta prendendo piede non dico proprio una moda, ma anche solo un accenno di tendenza verso il vino blu a pallini verdi? e allora ecco che c'è la corsa a produrre e mettere in catalogo un vino blu a pallini verdi. Dicono: è il mercato. Macché: è ingordigia.
Detto questo, sono rimasto un po' così qualche settimana fa sentendo, in una nobilissima zona vinicola italiana come la Langa del Barolo, che per contrastare il rallentamento delle vendite che sta colpendo il mercato enoico anche lì c'erano produttori che stavano pensando di spingere sul nebbiolo vinificato in rosa. "Perché il mercato del rosé tira!" la giustificazione che m'è stata data da un produttore del posto. E la faccenda mi rammenta quel che han fatto con un anno d'anticipo parecchi produttori di Prosecco che, nonostante il loro vino "tiri" parecchio (o così si sostiene), han messo tutti a listino una qualche fantasiosa bollicina rosata, sperando che l'onda lunga del rosé portasse ancora più fieno in cascina (leggasi quattrini in banca). Mah.
Il fatto è che pensare che il mercato dei rosati stia "tirando" rischia di essere un abbaglio. O meglio: è un abbaglio a tutti gli effetti. Ché la corsa dei rosati s'è fermata già da un po'. Direi almeno da un anno. E a "tenere" il mercato sono ormai solo pochi vini "in rosa", ben radicati nella tradizione, che possono avere anzi ancora qualche effettiva speranza d'incremento di quote di mercato. Ma poi basta. Soprattutto, non mi pare ci sia spazio per le fantasie estemporanee.
Se proprio non convincono le mie parole, penso che possano esser prese per buone le considerazioni provenienti dal mondo della grande distribuzione britannica. Se ne parla sul numero di novembre di Decanter: "Negli ultimi anni - si legge - sembrava che la curva di crescita fosse pressoché senza fine, ma le vendite di rosé nel Regno Unito sono ben lontane dall'essere rosee, stando alle più recenti statistiche della Nielsen. Il numero di bottiglie vendute nei supermercati (che contano l'83 per cento delle bottiglie vendute nel Regno Unito) è cresciuto appena dell'1%, in confronto al 13% dell'anno prima".
Sissignori, la festa è finita. Nel Regno Unito, addirittura, per i rosati italiani la festa non è neppure mai cominciata: vendono la Francia, la Spagna, perfino i nuovi mondi del vino in rosa, ma l'Italia poco o niente, perché da noi mettere in piedi politiche coordinate a livello nazionale è una chimera, un'illusione, e ci son sempre i furbetti pronti a buttar sul mercato il vino blu a pallini verdi, fregandosene altamente della tradizione e della vocazionalità e di tutto quello che è valore autentico (e fascino) del mondo vinicolo. Business in business, si dice, ma a volte si esagera, e si finisce per restare col cerino in mano.
Ecco: capisco che in molte parti d'Italia in quest'ultina vendemmia non si sapeva più dove far finire l'uva (e meno si saprà dove far finire il vino, temo), ma le avventure improvvisate non mi sembra siano una buona soluzione. Mettersi attorno a un tavolo e vedere di pianificare politiche coerenti, quello no, vero?

3 commenti:

  1. Devo dire che offrendo un servizio di spumantizzazione conto terzi ho avuto un'impennata del numero di contratti dovuta alla richiesta di spumantizzazione di basi rosate.

    Personalmente continuo per la ns. azienda a produrre solo i ns. vini classici. Convinto che la coerenza non sarà mai fuori moda.

    RispondiElimina
  2. Bravo Stefano: ci saranno momenti di accelerazione e momenti di frenata, ma la coerenza pagherà sempre.
    Quanto agli spumanti rosé, è una scorciatoia che in molti cercano di seguire, ma anche lì, o c'è coerenza, o dura poco.

    RispondiElimina
  3. E pensare che una varietà di Nebbiolo di Langa si chiama proprio Rosè....
    Max Perbellini

    RispondiElimina