29 aprile 2011

Promuovere il territorio? Macché, per me i consorzi devono promuovere il vino

Angelo Peretti
Qualche tempo fa, su una delle tante newsletter che arrivano sulle caselle di posta eletronica, si leggeva un intervento che titolava così: "Dalla tutela alla promozione del territorio: nuova frontiera per i Consorzi". I consorzi in parola sono quelli del vino. E il passaggio "sarebbe" quello imposto dalla nuova Ocm (l'organizzazione comune di mercato) europea del vino e, di riflesso, dalla nuova legge quadro italiana sul vino, che hanno tolto ai consorzi di tutela il piano dei controlli sulla produzione vinicola (attribuito ai cosiddetti "soggetti terzi"), assegnando agli enti consortili nuovi, ma onestamente ancora un po' nebulosi compiti, tra i quali il più rilevante è - dovrebbe essere - quello della promozione. Già, ma promozione di che?
Ecco, il nodo della questione è proprio questo: promozione di che? L'importante consorzio interrogato dagli estensori della newsletter sembra non avere dubbi: promozione del territorio. Tant'è che i consorzi si dovrebbero trasformare in "soggetti attivi nelle dinamiche e nelle strategie di territorio". Si dice infatti: "I Consorzi hanno la possibilità di trasformarsi in agenzie per la promozione del territorio, perché è sul territorio che lavorano, insieme ai produttori, alle amministrazioni comunali e alla altre istituzioni".
Ecco, se questa è la prospettiva, be', devo dire che la penso in maniera assolutamente diversa. Nossignori: i consorzi di tutela del vino non hanno come compito la promozione del territorio. Il loro compito è e deve essere uno soltanto: la promozione del vino. E il territorio è semplicemente un "di cui" del vino. Importante fin che si vuole, ma esclusivamente un "di cui".
Ho più volte dichiarato - e non mi stancherò di farlo fino alla noia - che credo nell'accezione umanistica - e se vogliamo filo-francese - del terroir come entità generatrice del vino. Un mix di territorio, certo, di vitigno, di clima, di suolo, ma soprattutto di umanità, di civiltà, di saperi che si sono stratificati nel tempo e che col tempo si evolvono. C'è invece un'altra corrente di pensiero, quella che pensa che l'uomo e la sua cultura siano un banale "accessorio" della produzione vinicola: è la scuola razionalista tipicamente italiana, che vede nel trittico territorio-vitigno-clima l'origine del vino. Ecco: dire che i consorzi di tutela devono trasformarsi in soggetti di promozione del territorio significa proclamare la supremazia di questa seconda scuola di pensiero. Personalmente dissento, ché sono per la prima linea, e dunque affermo e sostengo e ribadisco che l'oggetto della promozione dei consorzi di tutela è e deve essere esclusivamente il vino. Non è una distinzione da poco, credetemi.
Credo fermamente che i consorzi debbano lavorare - lavorare, termine desueto - per la promozione del loro brand, che è né più né meno quello della loro denominazione di origine. E già questa è un'impresa colossale. Altro che territorio.

2 commenti:

  1. Capisco il punto che sollevi, e la penso esattamente come te sull'accezione del territorio come complesso di fattori che generano l'identita' di un vino, tra cui quelli culturali e storici sono sicuramente fondamentali, tanto quanto il clima, il suolo, le uve, ecc.
    Se pero' si parla di promozione del vino, e se uno si confronta con l'estero se ne accorge facilmente, non puo' essere disgiunta dalla promozione del territorio, visto come luogo fisico dove il vino viene prodotto. Non si puo', semplicemente non si puo' vendere un vino a qualcuno che non conosce, seppur vagamente il territorio, l'area dove viene prodotto. Con pochissime eccezioni, tutti i vini noti provengono da zone altrettanto note e attraenti dal punto di vista turistico.
    Noto comunque con piacere che i consorzi sono ritornati ad occuparsi di cose diverse che i controlli, come peraltro ho sempre sostenuto anche in epoche non sospette.

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  2. Gianpaolo, capisco la tua posizione e la condivido, soprattutto in relazione al mercato estero.
    Certamente nel momento in cui promuove il vino devi far cultura "anche" sul suo territorio. L'ho detto: il territorio è un "di cui" del concetto più ampio di terroir.
    Ma accetteri molto difficilmente che i consorzi del vino diventino enti di promozione turistica, pseudo-usl delle "sinerge territoriali". Perché questo sarebbe utile solo a raccogliere più soldi per far funzionare gli uffici e la macchina burocratica. A rimetterci, alla fine, sarebbe il vino.
    Io credo fermamente che un consorzio di tutela del vino debba promuovere "esclusivamente" il vino. Se il territorio è un "di cui" del vino - e lo è - è ovvio che ci sta anche il territorio: ci deve stare, che diamine! Ma se invece il vino diventa un "di cui" del territorio, è ovvio che ci siamo fatti del male. Temo ci sia chi è affascinato dalla seconda ipotesi.

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