Angelo Peretti
Tra i tanti comunicati stampa che compaiono sul sito del Vinitaly, ce n'è uno dedicato al mercato italiano del vino. Attenzione: al mercato italiano, ai consumi interni. La cosa, di per sé, è una notizia: finalmente ci si preoccupa anche del mercato interno, dopo che ci hanno fatto una testa così dicendomi che o vai all'estero o non sei nessuno. Nossignori: il mercato italiano resta importante per il nostro vino, e andrebbe curato un po' di più e un po' meglio. Oh, sì sì.
Detto questo, sul comunicato del Vinitaly, uscito da un'indagine condotta nelle scorse settimane, si dice: "Si discute su come conquistare nuovi mercati, nella convinzione che chi non conosce il vino non lo può apprezzare, e intanto non si fa niente per i nuovi consumatori italiani. Quali? Quelli che negli ultimi 20 anni hanno cambiato radicalmente abitudini alimentari e sociali e i giovani, che il vino non sanno nemmeno come si produce". Parole sante. Solo che poi le soluzioni proposte son le solite, coi paroloni tipo "programmi di comunicazione" e "strategie".
Personalmente, ho una convinzione, che è come la scoperta dell'acqua calda, ma che credo sia pur sempre una scoperta, visto che l'acqua calda non se la fila nessuno, e si va invece a cercare la luna nel pozzo. La mia convinzione è che bisogna tornare a parlar di vino parlando come t'ha insegnato tua madre, e cioè con assoluta semplicità, e che bisogna che prima di tutto, prima di ogni chiacchiera, il vino si torni a farlo assaggiare alla gente (come volete che facciano a comprarlo, sennò: dovrebbero fidarsi delle chiacchiere?), e che tutto questo occorre che sia fatto dove la gente c'è ed è disposta a perdere due minuti per assaggiare e ascoltare il minimo che c'è da ascoltare (il minimo!).
Si obietterà: sì, belle parole, ma dov'è mai 'sto posto così magico?
Oh, è nelle prime periferie d'ogni città: si chiama centro commerciale, ipermercato, supermercato, outlet. Quello è il luogo della "nuova" aggregazione, che piaccia o no. Lì si deve riportare il vino. Lì lo si deve far assaggiare. E mica coi sommelier in livrea, nossignori. E ci vuole una bella dose di umiltà per farlo. E soprattutto ci vuole il linguaggio della semplicità, che è il linguaggio dell'outlet e del centro commerciale, appunto. Riportiamo il vino fra la gente, signori miei, e facciamolo parlando la lingua della gente. Quella comune.
Complimenti e parole sante !!!
RispondiEliminaAndrea