20 dicembre 2010

Di nuovo a proposito di concorsi enologici

Angelo Peretti
L'altro ieri ho scritto dei concorsi enologici e delle nuove regole emanate dal Ministero per le politiche agricole. Conversando su Facebook, Maurizio Gily, che è eccellente tecnico di vigna e di cantina, nonché wine writer che stimo e direttore di Millevigne, m'ha ricordato d'un suo articolo pubblicato tempo fa su Focus Wine. Parlava d'un concorso enologico australiano. Del livello assoluto dei giurati che ci ha trovato (c'erano anche alcuni master of wine). E del metodo d'assaggio e di valutazione che di certo non era ingessato dentro rigidi schemi da manuale, come, più o meno, si usa da noi. Nella sostanza - ma v'invito a leggere tutto il pezzo scritto da Maurizio - prima s'è fatta una scrematura in commissione, assaggiando in proprio e poi discutendo con gli altri giurati, e poi si sono tastati i vini finalisti abbinandoli col cibo. Sissignori, abbinandoli col cibo, che è quel che poi faccio anch'io da anni ormai nelle mie serate di degustazione con la combriccola che si riunisce alla Taverna Kus di San Zeno di Montagna o in altre sedi. Vivaddìo, se il vino è fatto per essere bevuto a tavola, dovremo ben capire come sta col cibo, o no? E garantisco che non è affatto la stessa cosa tastare il vino da solo o mangiando: in molti casi la valutazione cambia, oh, se cambia!
Ma a parte questo, a intrigarmi è stata la parte conclusiva del pezzo di Maurizio, e così gli ho chiesto il permesso di riportarlo qui su InternetGourmet. E dunque qui di seguito trovate le sue parole. Aggiungo solo che condivido. In pieno. Finale incluso.
"Premesso che nessun test di degustazione è perfetto e ognuno ha pregi e limiti, il grande numero dei vini degustati e la semplicità del metodo di giudizio non mi ha fatto rimpiangere l’assenza della classica scheda centesimale dei concorsi italiani ed europei, quella dell’Union des Oenologues. La quale, non sono il solo a dirlo, con la sua astrusità concettuale e il suo linguaggio iniziatico è assai lontana dal modo con cui un normale consumatore si accosta al prodotto. Tanto è vero che, come ho visto in moltissime occasioni, quasi nessuno la usa davvero: si esprime un giudizio sintetico in centesimi e poi si compila la scheda a ritroso, con l’intento di far “tornare i conti”. Un’assurdità di cui sarebbe ora di prendere atto, concludendo che quel modello promana odore di muffa (non nobile) e va quindi cambiato. Dopo questi giudizi penso che nessuno in Italia mi inviterà più ai concorsi. Ebbene, me ne farò una ragione".

4 commenti:

  1. i concorsi sono un terno al lotto. Supponiamo si assaggino solo Prosecchi 20 semplici prosecchi.
    Ai primi 8 la bocca è ok, i secondi 8 così così gli ultimi 4 si va ad occhio.
    Oppure pensiamo se il decimo prosecco fosse tagliato col 15% di chardonnay o peggio altri vini aromatici (sto parlando di malvasia e pure moscato rosa) avremmo 4 scelte:
    -degustatore internazionale premierebbe sicuramente il più aromatico non conoscendo la tipologia
    -un bravo degustatore lo scarterebbe per mancanza di tipicità
    - il vino successivo verrà sicuramente scartato perchè lo si sentirebbe povero di profumi e "leggero" in bocca
    -il degustatore che segue per filo e per segno la scheda di degustazione lo premierà perchè c'è una gran quantità di profumo

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  2. @Luca. E dunque uno dei maggiori problemi dei concorsi è il degustatore. Che troppo spesso non è sufficientemente preparato. E che è comunque un essere umano.

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  3. e come ne veniamo fuori? io ho smesso di andare campionature ai grossi concorsi e a tanti dei piccoli.

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  4. Luca, ne veniamo fuori facendo come fai tu: smettiamola di sprecare bottiglie coi concorsi

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