11 dicembre 2010

La certificazione dei vini? Rendiamola Siquria

Angelo Peretti
Il mondo del vino è cambiato. Da un anno e mezzo, quasi. In meglio o in peggio, non lo so. So che è cambiato. Anche burocraticamente, organizzativamente. I controlli sulla produzione non li fa più il consorzio di tutela. Il compito, dall'agosto del 2009, l'ha assunto o una società terza di certificazione, o una camera di commercio.
Un numero altissimo di consorzi e di doc s'è affidato a Valore Italia, azienda nata dalla partnership tra Federdoc, che detiene il 51% delle azioni, e l'ente certificatore Csqa. A Verona, si sono affidati a Valore Italia il Custoza e il Lugana. Le altre denominazioni scaligere, più i vicentini, hanno scelto invece d'affidarsi a Siquria (l'acronimo sta per Società italiana per la qualità e la rintracciabilità degli alimenti) nata nel 2009 da un progetto condiviso fra CeVive (Centro Vini Veneti), che ha come scopo sociale quello della valorizzazione delle denominazioni di origine venete, e la società di certificazione Csi. Con un decreto ministeriale del primo luglio del 2009, Siquria ha ottenuto il riconoscimento pubblico ad esercitare l'attività di certificazione e controllo nel settore dei vini dop (dovremo ricordarcelo: per gli europei il vino a denominazione è dop, mica doc o docg) e igp (idem al posto di igt). Dunque, è Siquria a controllare e certificare ex lege le denominazioni dell'Amarone, dell'Arcole, del Bardolino, del Breganze, dei Colli Berici, del Gambellara, del Lessini Durello, del Merlara, del Recioto della Valpolicella, del Recioto di Soave, del Soave, del Valpolicella e della doc Vicenza.
Detto anche che alla guida di Siquria è stato chiamato Guido Giacometti, un giovane per il quale nutro notevole stima, segnalo che sul sito dell'ente certificatore c'è una curiosa, ma anche utile sezione da consultare: quella dei "Veri Falsi". Dove s'espongono i casi dei vini "taroccati" scoperti - e sanzionati - grazie all'azione di Siquaria.
Ebbene, ci si trovano i casi - didatticamente piuttosto interessanti - di quattro falsi Amaroni. Tutti presentati con tanto di foto della bottiglia incriminata.
Il primo è un fantomatico Amarone proveniente da mano sconosciuta. Viene descritto così: "Prodotto anonimo, totalmente contraffatto. Si noti la stravaganza delle diciture 'Valpolicella dell'Amarone' e 'Vendemmia DOC'. In etichetta è falsamente indicata la ragione sociale di un imbottigliatore esistente (Cantina Sociale della Valpolicella) ma estraneo alla vicenda".
Secondo caso: il falso Amarone della Valpolicella Cà da Pietro. Descrizione: "Prodotto totalmente contraffatto. L'azienda 'Cà da Pietro Srl' di Fumane (VR) è inesistente, come pure il codice ICRF VR/618".
Terzo vino tarocco: l'apocrifo Amarone della Valpolicella Castello Venezi, definito come "Prodotto contraffatto nel contenuto" Vino che, tra l'altro, si trova descritto on line da CellaTracker, come si può vedere cliccando qui. Venduto in danimarca a 149,95 corone danesi (una ventina di euro), come indica il sito TeltLiv.
Quarto campione della categoria: il sedicente Amarone della Valpolicella Santa Raffaella, che viene descritto anch'esso come "prodotto contraffatto nel contenuto". Vino di cui si ha contezza sul sito di Snooth, segnalato in vendita (ma ora non disponibile) alla cifra non bassissima di 26,63 dollari, e che si trova segnalato anche su siti danesi, come questo di TeltLiv (a 89,95 corone danesi, appena una dozzina di euro).
Gli ultimi due falsi Amaroni, tra l'altro, mi sembrano quelli coinvolti dai sequestri scaturiti dall'inchiesta Amarone Ter.
Bene, dunque, all'azione di Siquria: continui così, infittendo i controlli e dando contezza dei risultati. Una buona maniera per ridare fiato e fiducia ad un mondo, quello del vino, che sembra averne proprio bisogno.

Nessun commento:

Posta un commento