4 dicembre 2010

Ribadisco e rilancio: il web serve non a promuovere il vino, ma la sua cultura

Angelo Peretti
Il sasso l'ho buttato, e la reazione c'è stata, e non può che farmi piacere. Il sasso è quello delle affermazioni che - un po' apoditticamente (o bianco o nero, niente scala di grigi) - ho proposto all'incontro recente (live-blog l'avevano battezzato) voluto da Assoenologi del Trentino sul tema del vino e della comunicazione. In particolare, a far discutere sono state due mie argomentazioni. La prima: chi ritenga che il proprio vino abbia una precisa identità e lo voglia come tale promuovere deve analizzare i vari segmenti di cui si compone il mercato e poi scegliere quale di essi risulti più compatibile con la propria offerta. La seconda, soprattutto: se mi chiedono se il web sia compatibile con la promozione del vino, dico che la risposta è no.
Che ci fosse una reazione tra i wine blogger o comunque tra chi investe nella comunicazione via web mi pareva inevitabile, ed inevitabilmente la reazione c'è stata. Ne hanno scritto, spesso criticamente assai, Filippo Ronco sul suo Tigulliovino, e anche Armin Kobler sul Weingut Kobler Blog, e anche Giampero Nadali su Aristide, e anche Elisabetta Tosi su Vino Pigro, e anche Maria Grazia Melegari su Soavemente, e anche Stefano Caffarri su Appuntidigola, e gli son grato, a Stefano, per aver parlato del mio intervento come d'una "provocazione, perfettamente andata a segno". Così come capisco l'interrogativo di Armin: "Ma allora cosa facciamo quì?"
Sul primo punto, e cioè sulla (mia) teoria d'una necessità di definire una precisa identità del vino e conseguentemente modulare il linguaggio comunicazionale sulla base del segmento cui si intende proporlo, ho già risposto in sala e sul web, e in particolare rimando, per chi volesse, a quanto ho replicato a Filippo Ronco nei commenti al suo post su Tigulliovino.
Sull'altro tema - ossia della compatibilità tra web e promozione del vino - credo sia opportuna una "seconda puntata".
Ribadisco - prima puntata - quanto ho già detto e scritto: "Il problema: il vino è compatibile con Internet? Pur coinvolgendo una pluralità di valori immateriali, il vino è pur sempre un bene materiale: se il vino va assaggiato, degustato, bevuto, posso “sostituire” tali esigenze “fisiche” con uno strumento tipicamente immateriale come Internet? Probabilmente, la risposta è no".
Ribadisco, e passo avanti - seconda puntata - dicendo che no, il web, strumento immateriale, non è adatto a promuovere "il vino", bene materiale. La materialità si promuove attraverso la fisicità del rapporto. Con l'assaggio, nel caso del vino. Tasto un vino e dico se mi piace o no e decide se comparmelo o no. E allora il web a cosa serve? Serve a promuovere qualcosa di immateriale. E cos'ha di immateriale il vino? La risposta è semplice: ha la propria cultura. Ecco, in questo il web è utilissimo e addirittura direi in questo momento essenziale: per promuovere la cultura del vino.
Mi si dirà: così sei sofistico, fai solo distinzioni semantiche. Si obietterà che il vino "è" la sua cultura. Invece no: il vino "è" un bene materiale, al punto che rischia spesso di essere considerato semplicemente una commodity, un bene di consumo. E dunque a mio avviso occorre scindere la due opzioni e però percorrerle entrambe: promuovere il più possibile l'incontro fisico, materiale e materico col vino da un lato, divulgare all'infinito la cultura del vino dall'altro lato. Attenzione: ho detto percorrerle entrambe. Promuovere il vino solo con la prossimità fisica può voler dire relegarlo alla funzione di mero bene di consumo, e far così vincere esclusivamente chi sa competere sul prezzo. Promuovere la sola immaterialità del vino può voler dire ghettizzarlo nei club degli enofili impenitenti, ché gli altri non capiscono, e quindi ne fuggono, e dunque occorre studiare forme e modulazioni di linguaggi che lo rendano comprensibile di volta in volta alle varie categorie - segmenti? - nei quali si può tentar di suddividere idealmente l'umana platea. Praticar tutt'e due le cose, a mio avviso, aiuta tanto, cercando di non confondere l'una con l'altra.
E qui mi fermo.

13 commenti:

  1. stranamente, ancora prima di leggere il tuo post pensavo "la cosa positiva del vino e' che lo puoi spedire, con qualche difficolta, praticamente in tutto il mondo". Ovviamente esistono business che hanno bisogno invece della presenza fisica di chi vende e chi compra. Che si possa quindi rendere complementare l' esperienza culturale con quella tattile, fisica, e' stato di mostrato dai ormai numerosi tasting panels da un paio di anni a questa parte.

    Credo che bon esista nulla che non possa essere promosso su internet, che e' semplicemente un luogo, non un mezzo di comunicazione, dove persone si incontrano, interagiscono, promuovono, vendono, comprano, e in generale fanno tutto quello che si puo fare.
    E poi scusa, se esiste il telemarketing ovvero la promozione e la vensita per telefono o quelle per corrispomdenza, figurarsi se non puo' esistere quella su internet.

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  2. Giampaolo, è vero, esiste il telemarketing, esiste la vendita per corrispondenza, ed esistono tante esperienze di fallimenti (con i registri portati in tribunale, intendo) in questi ambiti.
    No, io continuo a credere che il web sia uno straordinario "luogo virtuale" dove conversare, narrare e a volte fare anche business, d'accordo, ma soprattutto per beni che abbiano nell'immaterialità la loro principale caratteristica (un viaggio, una transazione azionaria), ma in genere inadatto al vino, a meno che il vino venga trasformato in commodity costante nelle proprie caratteristiche produttive e organolettiche, come è tipico di un prodotto industriale di massa.

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  3. Francamente non capisco il collegamento tra il far assaggiare il vino mediante interazioni che si creano in rete e trasformarlo in prodotto industriale e di massa. Quanto ai registri in tribunale e la promozione e vendite online e per corrispondenza, di bene tutt'altro che intanginili, ti ricordo nomi come Amazon, ma in Inghilterra anche Argos, ecc.

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  4. Io credo che promuovere il vino sul web, sia anche promuoverne la cultura e viceversa.
    Il dato materiale e le sfumature culturali, soprattutto sul web, ben difficilmente possono essere disgiunte.
    Cioè è la natura dello strumento che fa la differenza; natura che implica l'interscambio e il confronto tra soggetti al suo interno. Già anche solo questo fatto può configurarsi come un aspetto culturale della questione.
    Promuovere il vino è un modo per diffonderne la cultura. Diffondere la cultura del vino è un modo per promuoverlo.

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  5. @Rinaldo. Buone osservazioni, ma continuo a non essere d'accordo, e scusami se approfitto del tuo intervento per intervenire ancora sul tema. Ma non vorrei che si dicesse che il contenuto e il contenitore sono la stessa cosa. Come dire, nell'accezione heideggeriana (spero di non far venire il mal di testa a nessuno), che la cosalità della brocca è il suo essere fatta di terracotta, e non della sua essenza di recipiente, che conserva assolutamente integra sia quand'è piena d'acqua, sia quand'è piena di vuoto. Se voglio descrivere la cosalità della brocca devo descriverne il ruolo e la funzione di contenitore, e dunque non il materiale di cui è costituita e men che meno quel che contiene in quel dato momento. La cultura del vino è la cosalità del vino, a mio avviso. La fisicità del vino è un'altra faccenda. Per descrivere la prima il web rappresenta uno strumento straordinario. Non per il secondo, che vuole invece il contatto fisico.
    So che faccio fatica a spiegarmi, e dunque la colpa è mia, ma prima o poi ci riuscirò. Capisco anche che, soprattutto quando si parli di piccole produzioni, di produttori di punta, di aree ristrette e particolarmente vocate, il confine tra vino e cultura del vino possa apparire assolutamente labile. Ma il confine c'è, sottile fin che si vuole, ma c'è. Di qua dal confine c'è l'interazione fra umanità, stagione, clima, terreno, vigna, c'è quel che i francesi chiamano terroir e gli architetti genius loci. Di là dal confine c'è il vino come prodotto fisico, così spesso variabile, quando non è standardizzato da interventi industriali.
    Io la penso così, e so che sto estremizzando la mia concezione, e so anche che, per una mia difficoltà ad esprimere questo concetto, posso apparire lontano dalla prassi. Ma che ci posso fare se credo che la prassi debba esser figlia del pensiero e non viceversa?
    Capisco: rischio di esser preso per matto. Corro il rischio.

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  6. Ciao Angelo,
    prima una premessa. Lavoro su internet dal 1996, seguendo progetti digitali complessi. Internet posso tranquillamente dire che è la mia vita, oltre a darmi lo stipendio, è un mio quotidiano anche fuori dalla vita lavorativa.

    Ma sono d'accordo con te :-)

    Ne parlavo già con Filippo due o tre anni fa. Il vino, inteso come PRODOTTO a se, è l'esatto contrario di internet. E' sfumature di colore, profumi variabili, gusto. Cosa che oggi internet non può far percepire se non in maniera figurata: con le parole, le immagini e il video (che comunque non è poco).

    Ma quindi, come dice Armin: "Ma allora cosa facciamo quì?"

    Se sappiamo quanto sopra, allora internet è perfetto. Un controsenso?. No. Il vino infatti non è solo un "PRODOTTO".
    E' prima di tutto un'idea, un simbolo di quanto un uomo, un territorio possono fare.
    Certo per chi beve vino come se fosse una normale bevanda, il vino è solo un PRODOTTO, ed i limiti di internet rimarranno sempre.

    Ma chi nel vino ci mette passione, qualità, eccellenza, ha bisogno di internet per comunicarle, per farle trasparire. In un commento, in un sito, in una nota su twitter o su facebook. Fare in modo di invogliare una persona a dire "cavolo, questo mi ha convinto, devo assolutamente assaggiare il suo vino", ma non per il vino, che non posso sapere se mi piacerà finché non lo assaggio, ma per l'idea che grazie ad internet mi sono fatto.

    Chiamatela cultura, comunicazione, marketing, quello che volete. Internet è perfetto per creare una relazione tra persone, non tra persone e cose.

    Scusate la lunghezza :-)

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  7. Graie Max! Mi fa piacere che chi con internet ci guadagna il pane abbia quest'opinione. Ripeto con te: internet è perfetto per creare relazioni tra persone, ma non tra persone e cose, a meno - aggiungo - che quelle cose siano delle commodity già conosciute.

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  8. permettetemi di fare l'avvocato del diavolo.
    Il vino come lo intendiamo noi non sarebbe adatto ad internet, perche' "Il vino, inteso come PRODOTTO a se, è l'esatto contrario di internet. E' sfumature di colore, profumi variabili, gusto.". Si potrebbe dedurre che il vino piu' adatto ad internet sia quello di "prodotto industriale, commodity".
    Se si va a guardare la realta', ci si accorge invece che questi ultimi prodotti ricercano una comunicazione di tipo completamente diverso, ovvero quella del mezzo mainstream, "da uno a molti", unidirezionale, non interattiva, blindata. Questi prodotti non hanno bisogno, anzi non vogliono essere coinvolti in nessuna interazione con l'utente o l'appassionato. Non tollerano che qualcuno gli domandi chi c'e' dietro, quali vigne usa, come lo fa, o addirittura che si permetta di criticarlo o di dare un giudizio negativo.
    Gli "altri" vini, al contrario, vivono di relazioni tra utenti e produttori, tra comunicazione bidirezionale dove e' ammessa, anzi incoraggiata la critica, la domanda del particolare, del dettaglio anche scomodo. Essi hanno bisogno della faccia della persona che li produce, dell'identificazione stretta col territorio, con la singola vigna. Insomma, per questi vini internet non e' solo adatti, e' PERFETTO.
    Permettetemi quindi di essere in TOTALE disaccordo con voi. :)

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  9. @Giampaolo. Temo di darti una cattiva notizia, ma con quel che scrivi mi sembri in realtà in TOTALE accordo con noi. Dici cioè che attraverso il web divulghi cultura, la cultura del vino di terroir, che è unione di elementi umani (come dici tu, la persona che produce, e aggiungo, la comunità all'interno della quale il vino nasce)e naturali (come dici tu, il territorio, la singola vigna), e che per tali elementi il web è PERFETTO. Esattamente quel che dico io, che - sarò zuccone - insisto: sul web si promuove, appunto, la cultura del vino, non la sua fisicità, che vuole invece la conferma tattile, organolettica, fisica appunto.

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  10. @Angelo. Si, stiamo dicendo la stessa cosa, ma le conseguenze che ne traiamo sono diverse. Tu dici che si puo' promuovere la cultura del vino, e non il vino. Io dico che se prumuovi la cultura del vino, allora promuovi anche e sopratutto il vino. Tanto chiaro e' che pare ovvio che senza vino, la cultura del vino non possa esistere. E imbersi di cultura e' solo il primo, e spesso necessario, passo per bersi il suo prodotto.
    Ergo, i nostri vini, quelli che non sono prodotti industriali o commodities, possono essere promossi SOLO promuovendone la cultura. Ne consegue che per promuovere, e vendere, una bottiglia del mio vino, internet e' un veicolo ideale.

    La cattiva notizia, per chi spera di delegare o essere delegato a farlo, e' che questa promozione DEVE partire da chi lo fa il vino. Quindi semmai io direi: internet non serve a promuovere il vino, se dietro non c'e' la faccia, la storia, o in una parola, la cultura di chi lo ha prodotto. La conseguenza e' che chi deve campare con internet deve trovare una forma di convivenza con questo fatto, ovvero che il mediatore culturale qui serve a poco.

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  11. Accidenti, Giampaolo, mi sa che - in parte, non illuderti - devo proprio darti ragione: dietro DEVE esserci una faccia, che è poi l'elemento primario del concetto di terroir in cui credo.
    In ogni caso, avanti col dibattito: mi sa che stiamo arrivando al nocciolo della questione.
    Prima o poi scriverò la terza puntata, che in parte ho già accennato qui sopra in una risposta: ripartirò dalla brocca di Heidegger.

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  12. Angelo, mi sembra di cogliere ciò che stai affermando, e lo condivido in parte, in quanto la fisicità di cui parli è comunque legata ad una percezione unitaria, di tipo gestalt, e quindi credo possa essere in parte evocata da parole, suoni, immagini; la qualità del racconto può fare la differenza in termini di "resa". Non a caso, come accennava Max, il video può essere una modalità di racconto "forte", non a caso la sto preferendo nel caso delle degustazioni che descrivo online.
    L'argomento è comunque interessante e ricco di sfumature sottili, magari ne parleremo sabato...
    Ciao

    Mirco

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  13. @Mirco. Magari avremo modo di parlarne, ma credo tu abbia centrato la questione.

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