Angelo Peretti
Sì, lo capisco lo Ziliani Franco che si dice incazzato. Ecco, magari io preferisco dire che sono deluso, ma il senso in fondo è lo stesso. Il senso è che ciascuno è libero di far vino come meglio crede, e di far business come meglio gli aggrada, e di promuovere la propria produzione con le modalità che meglio ritiene, ma un limite ci deve essere, e non parlo tanto di limiti di legge, ché per quelli c'è un'Authority specifica, ma parlo invece dei limiti della fedeltà alla cultura enoica. Stavolta, a mio sindacabilissimo avviso, il limite è stato superato, e non m'importa se a superarlo è stato un genio come Oscar Farinetti, l'uomo di Eataly e prima di Unieuro. Il limite è quello di presentare in uno spot televisivo un rosso giovinetto di undici gradi e due mesi di vita - tipica wine commodity, magari ben fatta, magari infinitamente meglio d'altre, ma sempre commodity - evocando le colline di Serralunga, terra barolista per eccellenza, quando il vino in questione è figlio "di un connubio tra barbera, dolcetto e nebbiolo" e "le uve arrivano da Langa e Monferrato". No, così non va, ed è un personale, soggettivo parere, e come tale è opinabile fin che si vuole, e accetto ogni critica e ogni posizione contraria, ma la cosa non mi piace, mi delude, ché non possiamo scambiare il vino figlio della tecnica con quello che è partorito dal territorio (e che territorio! Serralunga, mica scherzi). E mi delude che si evochi un'arcaica usanza del vinòt, quello che in terra veneta chiamavamo magari vin piccolo, per far forse immaginare che abbia coerenza con la tradizione la scelta degli undici gradi, quando poi s'apprende che questo rosso "nasce a 13 gradi e poi ne perde due con una operazione di dealcolizzazione fisica con filtri molecolari" (pratica lecita, ci mancherebbe, ma di pura derivazione tecnologica). E non mi piace e mi delude che nella patinata - e filmicamente splendida - campagna televisiva si mandino immagini di botti grandi, che credo di cantine langarole, quando leggo che il vino reclamizzato "nasce nell’acciaio e finisce in bottiglia nell’arco di un mese".
Il vino si chiama Già. Il produttore è Fontanafredda, di cui Farinetti è socio di maggioranza. Lo spot lo si può vedere sulle reti Mediaset oppure su YouTube. Il jingle lo canta Gianmaria Testa, cantautore che adoro (oh, che bella canzone che è "Gli amanti di Roma", una delle più belle della canzone d'autore italiana), e che apprendo esser "non per niente cognato di Oscar Farinetti". Le citazioni che ho virgolettato vengono da un articolo di Sergio Miravalle sul sito del quotidiano La Stampa. L'etichettina del Già l'ho presa dal sito di Wine News, dove c'è un altro articolo. L'incazzatura è di Franco Ziliani e viene dal suo blog Vino al Vino, e magari è meglio se la leggete per intero, e in originale, direttamente lì. E la delusione è mia, e son deluso anche con me stesso, ché in questo modo, parlandone, ho finito per fargliela anch'io una piccola pubblicità al Già.
Già (sic!) … in Italia succede anche questo. Forse più che le vigne di Serralunga ci meritiamo i tristi filari di pianura fronte autostrada, corrosi dagli scarichi automobilistici. Ti capisco, Angelo: il "vinino", come del resto il "vinone", che non dev'essere in ogni caso una mera esibizione di muscoli costruito in una palestra enologica, è una cosa troppo seria per lasciarla al marketing più cinico e spericolato.
RispondiEliminaCaro Angelo,
RispondiEliminacome ho scritto anche a Franco, checchè se ne dica il vino è un'industria tra gli interstizi della quale è tollerata la presenza dei vignaioli. Qualunque prodotto industriale viene reclamizzato raccontando frottole, come le pasticcerie artigianali negli spot dei pandori e le massaie bolognesi in quelli delle tagliatelle. Finchè a loro va bene...E io ho l'impressione che in Langa, sotto sotto, dalla presenza e dalle frottole farinettiane (in senso pubblicitario, nulla di male o di illecito sia chiaro) ci sia parecchia gente che ha da guadagnarci. E a cui, quindi, alla fine conviene tacere.
@Maurizio. Ovviamente, d'accordo con te.
RispondiElimina@Stefano. Apri una nuova chiave di lettura. E penso che tu non sia così lontano dalla verità. Il Piemonte vitivinicolo sta vivendo un momentaccio, e c'è chi vede nell'intervento di Farinetti una via di salvezza. Nel breve può anche essere che sia così. Nel medio-lungo termine temo invece che i danni saranno superiori ai benefici. E quando nel mondo del vino una zona o una denominazione perdono reputazione ci vuole un sacco di tempo per recuperare.
No! non credo ai miei occhi, dopo anni che si osanna, dopo anni che si dice che sia un genio, che si invita a tutte le riunioni ed inaugurazioni, che si addita come esempio di coraggio, imprenditorialità e laboriosità e per questo si premia ..... E SI PREMIA .... E SI PREMIA, che si circonda di bei personaggi (ben pagati)che lo lodano senza sosta ....... qualcuno osa dire che ha toppato?
RispondiEliminaVeramente qui in Langa abbiamo capito e anche detto da subito che il signore in questione è un imprenditore, bravo ma sempre e solo un imprenditore, e abbiamo capito subito come avrebbe usato la tenuta Fontanafedda, dalla prima pubblicità comparsa sulla Stampa, molto tempo fa, abbiamo anche pensato che poi venderà tutto al momento migliore, perchè è un imprenditore.
Chissà, visto che è bravo e sa come legarsi le persone che gli sono utili, magari poi......
potrebbe anche fondare un partito!!!!!!!!!!!!!!
Il problema nopn è del signore in questione, semmai dovrebbe riguardare quelli che stanno al suo gioco, e che tra etica e morale non si accorgono, o fanno finta, di essere in aperto conflitto d'interessi.
RispondiEliminaAngelo, meglio parlare di botti vecchie... Farinetti ha tutto il diritto di fare, all'interno della legge, quel che vuole del suo prodotto. Primo fra tutti farne parlare il più possibile, come sta avvenendo. E anche questo gioco di alzare la polvere a me sembra sospetto. Semplice, opinabilissima opinione.
Ciao,
Alvaro Pavan
@Alvaro. Uno può insospettirsi di quello che vuole, ci mancherebbe! Però credo che chi nutre autentica passione del vino non possa non sentirsi turbato dal fatto che si utilizzi il territorio (e che territorio!) per promuovere un prodotto che di quel territorio non è. Non a caso la legge vieta di apporre in etichetta immagini di monumenti che non siano di proprietà del produttore.
RispondiEliminaCerto, si può far finta di niente, far finta che quel vino non esista, che quella campagna pubblicitaria non sia mai stata realizzata. In fondo, il mondo del vino questo ha sempre fatto così: ha fatto finta di niente. Le conseguenze le vediamo.
Che poi Farinetti sia un genio del marketing, e chi lo discute?
Ma Angelo, come fai a dire che utilizza un territorio per rivendicare un vino che non è del territorio? Guarda che ho sotto gli occhi la pubblicità sulla pagina di Repubblica, rivendica la doc Langhe, ne specifica i vitigni utilizzati, mi spieghi a quale territorio ti riferisci? Guarda che la mia non è e non vuole essere una difesa del personaggio, figurati, ma proprio non riesco a capire tutto il bailamme. Scusami ma proprio non capisco...
RispondiEliminaCiao,
Alvaro Pavan
Sono abbastanza d'accordo con Alvaro. E' chiaro che ci sarà sempre di più un vino del territorio e un vino "altro" (industriale, di marketing, quello che vogliamo). Tutto sommato si potrebbe parlare di circonvenzione di incapaci, chè qualsiasi bevitore che mastichi un minimo di cultura enoica, sa benissimo che il Già non si può confondere con un Barolo. E chi non ha mai preso in considerazione di acquistare un Barolo, può anche bersi in santa pace il suo Già. Difficilmente le due categorie si incroceranno. Se poi volessimo mettere veramente le dita nelle piaghe, quelle vere, potremmo anche farlo. A me dà più fastidio vedere in commercio Baroli indegni, Chianti con la fascetta DOGC che non useresti nemmeno per fare un risotto alla suocera, e via discorrendo. Oppure i ricorsi a pratiche di cantina violente, l'uso di prodotti chimici dannosi per la salute in vigna ecc. Mi fa anche incazzare il prezzo del Barolo: non ho ancora capito perchè certi vini devono essere ormai alla portata di un broker di Wall Street o di qualche russo o cinese amico di Berlusconi. Non giustifico quindi il Farinetti, che il suo lavoro lo fa bene, non sono nè miope, nè cinico. Allora però vorrei la stessa "cattiveria" nei confronti di tutti i furbi. E credo che la filiera del vino ne vedrebbe delle belle. A tutti i livelli.
RispondiEliminaMario Plazio
@Alvaro. Ma hai visto lo spot televisivo? C'è il link nel mio post: guardalo, è su YouTube. Si parla di Serralunga e si fan vedere vigne e cantine con tanto di botti.
RispondiElimina@Mario. C'è una legge dell'economia, discutibile fin che si vuole, che direbbe che la moneta cattiva scaccia quella buona. Il rischio è lì, proponendo Serralunga come terra di vinòt. Se passa il concetto Serralunga uguale vinòt, Langa uguale terra di vini da 11 gradi dealcolizzati, allora è la fine. Nulla vieta a Farinetti di farsi il suo Già: quel che mi delude profondamente è che si sfrutti Serralunga, quasi a farlo passare come vino d'uno specifico terroir, mentre altro non è che un, magari onestissimo e organoleticamente piacevole, vino di cantina. Per il resto, per i doc che non sono doc e i docg che non sono docg, quella è tutta un'altra storia, ed è uno scandalo, ma di questo se n'è parlato e scritto parecchio, anche qui, e ne riparlerò fra qualche tempo; il post è in preparazione. Ma mentre il "falso doc" lo puoi sanzionare, la comunicazione del Già credo sia con tutti i crismi della legalità, e dunque il rischio di presentare Serralunga come terra di vini low alcohol c'è tutto. Ma è una mia opinione.
RispondiEliminaNon guardo le reti mediaset.
RispondiEliminaStammi bene,
Alvaro Pavan
@Alvaro. Chi ha bambini piccoli, a volte quando gli si propone di mangiare un certo cibo si sente rispondere: "Non mi piace". Inutile ribattergli, come si fa di solito: "Ma l'hai assaggiato? Come puoi dire che non ti piace se non l'hai assaggiato?" Scusami, ma temo che i tuoi commenti seguando la stessa filosofia: contesti quanto scrivo riguardo allo spot - ché allo spot ho sempre fatto riferimento -, che viene trasmesso solo dalle reti Mediaset, e poi mi dici che lo spot non lo guardi perché non guardi le reti Mediaset. Ma allora di cosa stiamo parlando? In ogni caso, sappi che su YouTube lo puoi vedere senza paura di contaminarti: nel filmato non c'è alcun riferimento ad alcuna rete Mediaset.
RispondiEliminaFarinetti fa bene il suo lavoro, compreso quello di presentar pane per focaccia, il minimo che venga richiesto ad una inserzione pubblicitaria. Se la si fa in video, allora il falso si dilata fino a diventare vero. Mi sembra che qualcuno da un po' d'anni a questa parte ce lo stia ampiamente dimostrando. Comunque, mi piacerebbe tanto sentire l'opinione in proposito dei vertici di Slowine.
RispondiEliminaCiao,
Alvaro Pavan
PS: ciao Mario.
Francamente non capisco tutto sto casino, nello spot si dice che a Serralunga (e si vede) si fanno dei vini speciali, -occorre dire che si tratta di barolo??- e che ora nasce ( a Serralunga) un nuovo vino di nome Già. Punto.
RispondiEliminaEnrico
Appunto. Punto.
RispondiEliminaAlla prossima,
Alvaro Pavan
No, niente punto. Quel vino nasce a Serralunga perché lì ha sede la cantina, ma le uve vengono da Langa e Monferrato. E dunque, a capo.
RispondiEliminaSerralunga è nel Salento?
RispondiEliminaEsattamente nel Salento, ma verso nord
RispondiEliminavabbè si scherza, ma mica tanto
RispondiEliminaEsatto, mica tanto: quando si smarrisce l'identità territoriale, o la si mistifica, tutto il mondo è paese, tutto diventa possibile, e poi ci si deve leccare le ferite. Dice niente la chardonizzazione o la cabernetizzazione dei vigneti di mezzo mondo avvenuta negli anni Novanta?
RispondiEliminaSerralunga d'Alba, Langhe, vitigni principali: barbera, nebbiolo, dolcetto. A Serralunga, come si vede, non si fa solo Barolo. Messi insieme, questi tre, danno vita alla Doc Langhe. Che è quel che fa il Farinetti. L'avesse fatto, il Già, con i famosi vitigni internazionali, che sarebbe successo?
RispondiEliminaMi sa che si sta facendo tanto rumore per nulla e sotto il baffo il Farinetti se la ride.
Comunque, qui da noi, profondo nordest, si dice: tutto il mondo è paese fuorchè Istrana, mio comune di residenza.
C'è un altro detto: piemontesi, falsi e cortesi. Così, tanto per restare nei luoghi comuni, senza malizia. Però i luoghi comuni spesso sono sintomatici...
Alvaro Pavan
@Alvaro. La doc Langhe NON è tradizionale: trattasi di moderma invenzione (anni Novanta, guarda caso) essenzialmente, mi par di capire, per cabernetizzare i rossi langaroli e/o smaltire i superi, com'è successo dalle mie parti con l'artuficiosa doc Garda, nata per superare il "pericolo" della distillazione obbligatoria, guarda caso in quegli stessi anni, disastrosi per l'enologia italiana (le conseguenze le stiamo pagando).
RispondiEliminaDice il disciplinare: "La denominazione "Langhe" senza alcuna specificazione e' riservata al vino rosso o bianco ottenuto da uve provenienti da vigneti composti da uno o piu' vitigni a bacca di colore analogo non aromatici, "raccomandati" od "autorizzati" per la provincia di Cuneo". Un bel calderone dove tutto o quasi è possibile, altroché.
Se poi Farinetti deve essere intoccabile e proclamato santo subito, be', ditemelo e smetto.
Ma guarda che qualcuno l'ha già fatto santo, e quello non sono certo io.
RispondiEliminaCiao,
Alvaro Pavan
@Alvaro. Ma da quel che dici mi pare tu sia tra coloro che aderiscono alla sua religione. Per me invece è un imprenditore di successo che ha deciso di investire nell'agroalimentare dopo aver investito nel settore degli elettrodomestici: oserei dire che è passato da una commodity a un'altra, vista la filosofia che col Già ha deciso di applicare al vino, e questo, pur del tutto lecito sotto il profilo strettamente imprenditoriale, mi dà qualche preoccupazione quando finisce per manipolare l'unità storica e culturale di un terroir straordinario.
RispondiEliminaComunque la zona di produzione è : Langhe. Cosa c'entra il monferrato? Se un giornalista si sbaglia... tutti dietro?
RispondiEliminaVedo che la scheda tecnica pubblicata sul sito di Fontanafredda dedicato al Già (www.giavino.it) dice che la zona di produzione è "Langhe". Evidentemente, o Miravalle si è sbagliato, oppure la comunicazione che gli è arrivata non è stata efficacissima. Oppure altro che non so.
RispondiEliminaCiao Angelo, ieri mi è successa una cosa simpatica sul tema in questione. Leggi cosa ho scritto sul blog di Ziliani
RispondiEliminahttp://vinoalvino.org/blog/2010/12/oscar-farinetti-risponde-ecco-la-filosofia-di-gia-e-del-suo-spot.html#comments
Ciao Franco,
quando ho letto questo articolo, anch’io come Gianpaolo Paglia ho pensato che ci sono cose più gravi nel mondo del vino.
Ieri sera ho fatto una sessantina di chilometri e sono andato ad una degustazione organizzata da un gruppo di enoappassionati capitanati da Diego Pettenon, che qualche volta scrive su Vino al Vino qualche commento.
Parlando di crisi economica e crisi del vino, uno dei ns. amici ha detto: “avete visto che per tv fanno la pubblicità di un barolo 2010 che esce questo mese? Ma come è possibile che un barolo esca già adesso?”.
Chi di loro segue Vino al Vino ha fatto un sorriso e abbiamo spiegato lui che non si tratta di barolo. E lui ha replicato: “si, ma fanno vedere le botti del barolo”.
Questa è la prova che in effetti, la pubblicità in questione è ingannevole e se ci è caduto uno che di barolo ne beve e spesso va in Langa, figuriamoci chi di vino non ne sa molto.
Stefano, più che una prova direi che è un indizio. Ma è un indizio che fa pensare che le ricedute negative su Serralunga e sulla tradizuione barolista potrebbero essere pesanti. Personalmente credo che la comunicazione del vino funzioni in maniera un po' diversa rispetto a quella di altri settori dell'industria agroalimentare, e che una volta instillati nei consumatori dei falsi miti, poi levarli di torno sia un'impresa difficilissima.
RispondiElimina@menti
RispondiEliminaè molto simpatico l'episodio che ci racconti, veramente, ma, visto che nello spot si vede anche un "11 gradi" a caratteri cubitali, mi domandavo se altri suoi amici le avessero anche domandato " ma com'è possibile, un barolo a 11 gradi?".Scrivere che è pubblicità ingannevole, beh, starei attento.
Enrico